Quantcast
Channel: Sapori diVini
Viewing all 100 articles
Browse latest View live

CON UN SOLO CALZINO E LA GALLINELLA DI MARE - SPAGHETTI ALLE VONGOLE CON UVETTA, MANDORLE TOSTATE, SCORZA DI LIMONE SICILIANO E PERCEZIONE DI MARSALA

$
0
0
Lei gira con un calzino solo, gattona con rapidità sfidando anche alcune leggi di gravità. Tu la chiami e lei si blocca, gentilmente riacquista la posizione seduta e ti regala un sorriso sornione che in pochi attimi trasforma nella sua risata vibrata. Solleva la mano sinistra e la sventola accompagnando il gesto con un sonoro “Ciaooo!” cristallino.
Si volta e riparte la caccia. Tu la chiami e lei ripete la scena, ripete la sua risata, replica il suo “Ciaooo!”, cristallino.
Gira la testa e si rimette a gattonare fino a scomparire oltre la porta. La chiami e lei riappare, sorridente, divertita, felice di salutarti e di ridere.
Scompare ancora ma questa volta nessuno la chiama. Il silenzio a volte è assordante, strano in una casa dove la grande sta usando la sillaba più antipatica del mondo come leit motif, un no su tutto, una negazione continua, anche delle evidenze.
Il silenzio è subito rotto dal ritmico avanzare delle ginocchia e delle mani sul pavimento. Una piccola pausa ed ecco spuntare solo il suo viso, leggermente imbronciato, con gli occhi supplicanti, con il dubbio che non si voglia più fare quel gioco che a lei piace tanto.
Il suo sorriso lentamente appare e basta chiamarla per nome che la magia riprende, la sua risata riempie l'aria di felicità, sua e nostra nel sentire quella risata tremolante, risata comica, birbante.
La salutiamo senza proferire parola ed allora lei compie un altro passo, sufficiente a farle raggiungere il centro della porta, il cuore del suo palcoscenico. Si siede elegantemente, solleva la mano e ci lancia il suo “Ciaooo!”, cristallino.
Athena Giada è una festa, comicità straripante nelle piccole cose. Così finge di volersi addormentare. Si accoccola sul petto della Mamma, si stropiccia gli occhi e cerca di strappare la scollatura. La nutrice, allora le propone il seno, lei si avvicina e lo morde, quasi con cattiveria.
La Mamma lancia un grido lacerante, come il dolore improvviso che ha sicuramente provato.
Athena Giada si stacca, la guarda e... ride.
Che brutto gioco, che paura ha ora la Mamma, anche perché lei vuol ripetere il gioco. Si copre gli occhi, sbadiglia e allunga la mano sul seno.
La Mamma, severa, le mostra il dito negante e mi sottolinea che ora non la attaccherà più, che con quei dentini (vigliacchi) le ha quasi staccato il capezzolo.
Athena Giada la guarda e poi stupita si volta verso di me. I suoi occhi diventano grandi, intensi, pieni della sua richiesta d' aiuto. Solleva la sua manina e mi fa “Ciaooo!”, cristallino come la sua risata tremolante che seguirà.
Non riesco a trattenermi ed inizio a ridere, ridere, ridere contagiando la Mamma, così Athena riprende a sghignazzare felice. Lei ride, ride, ride fino al singhiozzo.
Un sorso di latte dal biberon per sedare quel ritmico fastidio ed una goccia bianca le scende sul labbro.
Alice Ginevra è crollata sul divano dopo una giornata traboccante di salti e corse, di scalette e di scivolate dentro al tubo urlando il suo “wiiii!”.
Il giro al supermercato con lunghissima sosta davanti al banco del pesce interrogando la Mamma sui nomi di ogni esemplare pinnato, fino ad arrivare alle Alici.
“Mamma, che pesci sono questi?”.
“Sono le alici!“, le risponde sicura la Mamma.
“Ah, sono alici?”. Il suo sguardo si insinua, si indaga attraverso la vetrina e poi si rivolge alla commessa dietro al banco e le chiede, “Questi pesci sono molto piccoli, sono appena nati, vero?”.
I suoi occhi perseverano, scrutano e selezionano ogni pesce presente, steso sul ghiaccio del bancone fino a che esordisce con una certezza, “quello è il suo babbo!” indicando un cefalo e “quella è la sua mamma!”.
“Alice Ginevra, quella è la gallinella di mare”, Sabrina completa la cultura ittica della giovane curiosa. Alice Ginevra ripete “la gallinella di mare!” e mentre la nomina si lascia sfuggire anche un “coccodè, coccodè, coccodè!”.
La ragazza dietro il banco non riesce a trattenersi ed una fragorosa risata fa girare la clientela distratta poi, allontanandosi, Alice Ginevra grida “Ciao pesci, fate i bravi!” ed il sorriso di tutti quelli che hanno assistito al suo declamare la accompagna fino alle casse.
Alice Ginevra è così, ti sa stupire. Athena Giada è così, ti sa coinvolgere.
Stanche, con gli occhi chiusi, scivolano prima una e poi l'altra nei loro letti per poi risvegliarsi e scoprire, per farci conoscere il loro mondo diverso ogni volta.



******************************





Gli spaghetti alle vongole sono un classico che noi amiamo profondamente. Di tanto in tanto apportiamo qualche variazione al piatto in modo da renderlo ancora più sorprendente. La ricetta che segue è quella di un piatto meravigliosamente riuscito, ricco e mediterraneo.




SPAGHETTI ALLE VONGOLE CON UVETTA, MANDORLE TOSTATE, SCORZA DI LIMONE SICILIANO E PERCEZIONE DI MARSALA

Ingredienti per 3 persone:

270 g di spaghetti
500 g di vongole veraci fresche
prezzemolo fresco
la scorza di mezzo limone non trattato (noi abbiamo usato un limone siciliano dono di Scarlett)
50 g di mandorle spellate
2 cucchiai di uvetta sultanina di qualità
1 peperoncino calabrese essiccato
2 spicchi d'aglio
olio extravergine d'oliva
mezzo bicchiere abbondante di Marsala (di qualità)


La prima cosa da fare è togliere le vongole dalla loro reticella, sciacquarle e lasciarle quindi a bagno in una ciotola capiente in cui avremo versato acqua fredda con un bel pizzico di sale. In questo modo le vongole rilasceranno eventuali tracce di sabbia. Noi solitamente le lasciamo a bagno per circa 4 ore, cambiando l'acqua almeno una volta.
Le sciacquiamo sotto acqua corrente.
In un tegame capiente, scaldiamo un filo di olio extravergine d'oliva insieme ad uno spicchio d'aglio leggermente schiacciato. L'altro spicchio d'aglio invece, lo tritiamo finemente e facciamo lo stesso anche con il prezzemolo.
Appena lo spicchio d'aglio comincia a sfrigolare, lo togliamo dal tegame e versiamo le vongole veraci aggiungendo anche lo spicchio d'aglio tritato. Copriamo il tegame con un coperchio e lasciamo che le vongole si aprano. Bastano pochissimi minuti. A questo punto sfumiamo con il Marsala e aggiungiamo anche il prezzemolo tritato, l'uvetta e il peperoncino sminuzzato. Lasciamo sobbollire brevemente, senza coperchio. L'alcol evaporerà, ma insieme alle vongole rimarrà un po' di liquido di cottura che ci sarà utile per saltare gli spaghetti. La cosa importante per la buona riuscita del piatto è fare sì che le vongole non cuociano troppo a lungo. Bastano davvero pochi minuti, da quando si versano nel tegame a quando si sfuma con il Marsala.
In un padellino antiaderente facciamo tostare le mandorle che avremo precedentemente tagliato a lamelle non troppo sottili, in questo modo la sensazione di croccantezza sarà deliziosa.
In una pentola cuociamo gli spaghetti, scolandoli 4 minuti prima rispetto ai tempi di cottura riportati sulla confezione. Completeremo la loro cottura saltandoli insieme alle vongole e al loro liquido aggiungendo anche un po' d'acqua di cottura della pasta, fino a raggiungere la cottura ottimale degli spaghetti.
Appena sono al dente e gli ingredienti risultano ben amalgamati tra loro, togliamo dal fuoco e impiattiamo completando il piatto con la scorza del limone appena raccolto dall'albero e con le mandorle tostate.
La scelta di sfumare le vongole con il Marsala è stata eccellente in quanto il piatto ne conserverà un leggero sentore che ben si sposa con la freschezza della scorza di limone e con la nota tendente al dolce dell'uvetta.


IL SILENZIO DELLO STUPORE - CROSTINI PRIMAVERA CON FRAGOLE, SALMONE E PESTO DI RUCOLA AL PROFUMO DI CEDRO

$
0
0


Li rincorre con le pupille.
Rossa, caparbia, indomita celebrazione di vita e spontaneità.
Il riquadro del finestrino si fa cornice di una campagna sdraiata e solitaria, vestita d’anima, di papaveri e di vigneti allineati in filari.
Di caseggiati addormentati che disegnano geometricamente il punto in cui la distesa d’erba va a morire.
Di pioppi e querceti che risalgono dietro a tetti spioventi gettando i rami fin dentro al sole, alle spalle di colline che incurvandosi si portano dietro un arco di cielo.
Luca schiude Alice Ginevra dentro al rettangolo di uno scatto.
I piedi affamati di incantesimi, il suo pane, scendono lungo un’arteria di terra nuda piena di crepe. 
Gli occhi mobili e attenti, rotolano su quel rosso tumulto di corpi palpitanti, uno sbocciare che le si raggomitola intorno. Lei ne ascolta il cuore e si aggrappa ai sensi.
La luce calda di maggio scivola diagonale; monete di sole tintinnano sulle sue guance  mentre un manto di brezza lieve, poggiato sulla schiena, suona a fisarmonica il lenzuolo verde grano. Ha la primavera tra i capelli.
In mano tiene un papavero da contemplare, è suo, è vivo, è materia, non più una fugace immagine strappata via dalla velocità dell’asfalto. 
Lo regge con pia delicatezza, per non profanare quell’ inviolabile splendore. Il viso è reclinato, assorto, d’inesprimibile bellezza. Duplice poesia da indossare sulla pelle nuda senza frapporre inutili orpelli.
La luce dà fuoco alla luce. 
Le attraversa le labbra, il silenzio dello stupore.





***********************************






 Abbiamo pensato di abbinare le fragole, il frutto primaverile per eccellenza, al salmone, sdraiando entrambi su di uno squisito pesto di rucola. Gli ingredienti si bilanciano magnificamente e sorprendono il palato. Proponiamo oggi, la ricetta di questi deliziosi crostini, invitandovi a vostra volta a provarli.




CROSTINI PRIMAVERA CON FRAGOLE, SALMONE E PESTO DI RUCOLA AL PROFUMO DI CEDRO




Ingredienti:

1 baguette francese
una decina di fragole sode e mature
100 gr di salmone affumicato scozzese
una bella manciata di rucola freschissima
30 g di mandorle pelate
30 gr di parmigiano reggiano grattugiato
la scorza grattugiata di 1/2 cedro
1/2 spicchio d'aglio di Voghiera (il nostro preferito)
olio extravergine d'oliva di qualità q.b.




La preparazione è veloce e di semplice esecuzione. Ci armiamo del nostro Minipimer e nel mixer andiamo ad unire la rucola, dopo averla lavata e strizzata, le mandorle, che abbiamo prima tritato grossolanamente, l'aglio, il parmigiano grattugiato, la scorza del cedro e per finire l'olio extravergine. Abbiamo frullato fino ad ottenere il nostro pesto. Non aggiungiamo né sale né pepe perché la rucola, quella selvatica, già da sola conferisce la giusta aromaticità al pesto, altro magnifico insaporitore è l'aglio.
Nel frattempo laviamo e tagliamo a pezzetti le fragole, quindi prepariamo le  roselline di salmone, ritagliandone delle striscioline e arricciandole intorno al mignolo.
Scaldiamo una bruschettiera (o il testo dove solitamente si cuociono le piadine) e vi adagiamo le fette di baguette (tagliate a losanga). Le lasciamo abbrustolire e tostare e quindi le togliamo dal fuoco.
Spalmiamo un bel cucchiaino di pesto su ogni crostino e completiamo con fragole e salmone. Ora resta solo da leccarsi i metaforici baffi.







LEI GRANDE, LEI PICCOLA - TIRAMISU' ALLE FRAGOLE - (Con pastorizzazione delle uova)

$
0
0

Così diverse, così uguali. Specchi di noi che le abbiamo generate. Con i loro difetti ed i loro innumerevoli pregi.
Riflessi diversi di noi stessi, uguali a noi.
Piccole pesti del quotidiano che lasciano la schiena dolorante a fine giornata quando il buio è già una cosa fatta, ti mancano le loro voci perché si sono nascoste nel sonno.
Alice Ginevra è sempre più incontenibile nella sua voglia di esplorare il nostro mondo, si erge al nostro pari, almeno lo pretenderebbe. Vuol ripetere, fare le stesse nostre cose.


I piatti li vuole lavare lei, così che scompare nel più assoluto silenzio per arrivare con sicumera baldanza, armata del suo sgabello verde.
Lo piazza ai piedi del lavello, ci sale sopra e grida con tono dolce di rabbia che Lei vuole aprire il rubinetto, che Lei vuole dosare il sapone, che Lei vuole la spugna gialla perché quella verde è della mamma e del babbo.
Lei, fortissimamente Lei, esclusivamente Lei. Unicamente Lei.
L'acqua scorre e Lei lava anche il già lavato, con perizia e minuzia.

Gonfia di schiuma la spugna e la strizza, insiste sulle figure disegnate sui suoi piatti e sui nostri, sulle posate e si arrischia sui coltelli. Senza un posso e senza un “va bene?”.
Lei è sicura, sa quello che fa. Noi che ascoltiamo lo scroscio ed i suoi silenzi imboccando la frutta grattugiata ad Athena Giada, ci sentiamo sicuri.

Ci sentiamo sicuri? Veramente ci basta che si diverta, anche se più di una ceramica, anche se già segnata dall'usura ci ha lasciato, si è suicidata sul fondo d'acciaio del lavello facendoci correre, più che altro per tranquillizzare la nostra lavapiatti che l'importante è che Lei non si sia tagliata.
Athena Giada si siede lì, dove il passaggio è obbligato, dove Lei deve essere scavalcata.
Ha una palla in mano, quella gialla che le ha regalato la sorella. Se la passa da una mano all'altra per poi porgertela accompagnando il gesto con l'ennesimo “grazie!” schioccante, scioccante.
Tu raccogli il gesto ringraziandola a sua volta e Lei stende nuovamente il suo piccolo braccio e apre bene le mani, le mette a cucchiaio e ti è chiaro che rivuole l'oggetto indietro. Depositi la palla sulla mano e Lei, nuovamente, ripete il suo “grazie!”, scioccante, schioccante. Replica e ripete il gioco tra uno sguardo all'altra Lei, che fa scivolare la spugna sempre sullo stesso tegame da almeno 10 minuti, con sguardo severo e concentrato.
I giochi d'acqua cedono il passo a quelli disegnati, pennellati, schizzati, inventati sui soliti fogli rubati dalla mia stampante, che ogni giorno rimane sempre più a digiuno.
Lontano dalla piccola Lei perché “non è capace!” sentenzia la Lei grande mentre appoggia il suo preziosissimo “albumum” sul tavolo, seleziona arcobaleni di colori per riempire il bianco vuoto dei fogli.
Allora i due piccoli universi si separano. Una Lei fa l'artista mentre l'altra Lei aggiunge un passo nuovo ad uno appena fatto, con le braccia protese avanti avanzando come un bellissimo e dolcissimo bambolotto a pile.
Due passi ed un appoggio sicuro.
Tre passi laterali sfiorando il divano, accarezzandolo leggero.
Quattro passi verso la mamma seduta al PC per un po' d'acqua, dopo quel tanto camminare.
La serata si calma ed anche le luci in casa, una ad una perdono vigore. Lo spettacolo della musica in TV, con i suoi ritmi spezzati, con i suoi riflessi rossi e blu chiamano due piccoli sbadigli. La Lei grande si sdraia sul divano, abbandonando la sua vena artistica, la Lei piccola cerca le braccia coccolose della mamma ed il biberon di latte tiepido.
I volumi scemano, rimangono di sottofondo come ninna nanne rock.
La lei grande vuole il suo “wikko” (latte con nesquik).
Un applauso fragoroso rompe l'idillio con Morfeo e la piccola Lei scivola dall'abbraccio amoroso della mamma. Tre passi e si sdraia sul tappeto, con la testa sull'enorme cuscino colorato che è lì per caso, o quasi.
La lei grande segue con gli occhi la scena ed appena, la Lei piccola si accovaccia, scende dal suo triclinio, le si stende a fianco ed inizia ad accarezzarla sulla nuca.
Dolce, lenta, morbida. Gli occhi si fanno piccoli ed i sogni si fanno grandi.
La Dea e la Principessa dormono.
Larga la foglia, lunga è la via... la favola è la nostra... e così sia!



*******************************




Il tiramisù è tra i dolci al cucchiaio che preferiamo, solitamente prepariamo la versione più classica, ma questa volta ci siamo voluti regalare un tiramisù più fresco e colorato, con le fragole e il risultato è stato veramente degno di nota. Il procedimento è semplicissimo, come potete vedere abbiamo scelto però di pastorizzare le uova.





TIRAMISU' ALLE FRAGOLE

(Con pastorizzazione delle uova)



Ingredienti:

Per lo sciroppo di fragole:

230 g di fragole
280 cl di acqua
100 g di zucchero
1 bicchierino di Maraschino

Per il tiramisù:

5 tuorli d'uovo
170 g di zucchero (che useremo per preparare lo sciroppo che servirà a pastorizzare le uova)
50 g di acqua
500 g di mascarpone
170 g di zucchero
1 confezione di savoiardi
qualche fragola per decorare il tiramisù

Frulliamo le fragole con 100 g di zucchero e 280 cl di acqua. Versiamo il composto in un tegamino e lo portiamo ad ebollizione, a questo punto aggiungiamo un bicchierino di maraschino e lasciamo bollire a fuoco basso per circa 25 minuti. Lasciamo raffreddare lo sciroppo.
Adesso prepariamo lo sciroppo di zucchero con il quale andremo a pastorizzare le uova. In un pentolino versiamo 170 g di zucchero con 50 g di acqua e scaldiamo fino a raggiungere la temperatura di 121 C, mescolando con un cucchiaio di legno solo quando lo sciroppo comincerà a bollire.
Nella planetaria versiamo i 5 tuorli d'uovo, li montiamo e aggiungiamo quindi lo sciroppo di zucchero bollente,  a filo e continuiamo a montare fino a raffreddamento (occorrono una decina di minuti).
Aggiungiamo quindi il mascarpone e i restanti 170 g di zucchero e montiamo con la frusta della planetaria fino ad ottenere un composto liscio ed omogeneo.
Non abbiamo utilizzato i bianchi d'uovo.
In una teglia disponiamo quindi uno strato di savoiardi che imbeviamo di sciroppo di fragole e stendiamo quindi un generoso strato di crema di mascarpone. Nuovo strato di savoiardi, sciroppo di fragole e crema di mascarpone. Completiamo il nostro dessert con decorazione di fragole.
Lasciamo riposare in frigorifero per 5 ore e poi serviamo.
Golosissimo!

HA PICCOLE MACCHIE A FORMA DI FRITTELLA E' GASTONE LA COCCINELLA - FILETTO DI PESCE SPADA CON PESCHE, SEDANO E CIPOLLA TROPEA

$
0
0

Si allungano sempre di più le ombre degli alberi nella piazza del paese, quella che scruto dalla finestra dello studio. Un silenzio irreale si sdraia sulle panchine vuote. Nemmeno un gatto o un cagnolino con il suo padrone per strada.
Lunghe scie di caldo scendono dalla fronte.
Alice Ginevra si è finalmente staccata dal PC, ebbra e stanca di aver visto per l'ennesima volta Pippo su Marte.
Una porta sbatte nel non silenzio che quella piccola ciarliera riempie con le sue innumerevoli parole, un vocabolario vastissimo di espressioni colorate e piene di senso, senso compiuto solo dai suoi innumerevoli ragionamenti.
Parole e frasi frammezzate dai piccoli urletti di Athena Giada. Si cercano e giocano. Si evitano e screziano come solo due sorelle possono fare.
Le guardi e ti riempi di felicità, di quel senso di pace che ti fa ancora credere nel futuro, in quel futuro che quelle due piccoline si sapranno creare.
Mi asciugo la fronte con uno scottex già pregno di pensieri di mare e vento fresco di montagna.
La novità della serata è una piccola coccinella che ci è venuta a trovare e che ha preso dimora sui piatti di Alice Ginevra e di Athena Giada.
Piccola e rossa, con le sue macchioline nere disegnate sul dorso, gironzola lungo il bordo di un piattino colorato.
Subito Sabrina si fa portavoce dell'accaduto con la Principessa e la Dea della saggezza.
La Principessa Alice Ginevra abbandona i suoi giochi, la sua caccia al canguro che è arrivato con un salto sulla nostra terrazza e che sta girando per casa lasciando impronte da seguire.
Appoggia la sua lente d'ingrandimento da detective alla Sir Arthur Conan Doyle sul divano per correre nella piccola cucina.
Sua sorella, la Dea della Saggezza esce a fatica dal secchio arancione in cui, ultimamente, ha deciso che lei ci sta comoda.
Prima un piede e poi l'altro. Con grande sicurezza prende possesso del suo personale rifugio, poi lentamente ci si siede dentro.
Una volta raggiunto il suo scopo, alza gli occhi, ti guarda e...ride, ride, ride fino al singhiozzo.
Così come, con grazia vi è entrata, con scioltezza ne esce e anche lei corre a vedere il piccolissimo ospite.
La Gioia di Alice Ginevra si fa grande come i suoi occhi sgranati nel vedere la piccola macchia rossa che gironzola lentamente tra le stoviglie colorate della sua pappa.
Athena Giada ed io guardiamo la coppia di Mamma Sabrina e figlia Alice Ginevra che si scambiano consigli sul da farsi, poi la figlia grande si gira e si rivolge alla sorella invitandola ad avvicinarsi per guardare il prodigio dell'insetto vero, non quello dei cartoni.
Sorrido e mi allontano per immergermi nuovamente nel calore dello studio ma la scena che segue è da antologia.
Alice Ginevra sta dando lezioni a sua sorella sulla piccola coccinella che si è fatta ospitare nella piccolissima cucina.
Athena Giada la guarda ed ascolta come se capisse esattamente le frasi e le raccomandazioni che sua sorella le elargisce con enfasi pacata.
Athena Giada, ora Gastone (così si chiama la coccinella) fa la nanna! Bisogna che parli piano, sennò si sveglia!
Papà! Papà! Papà! Cosa mangiano le coccinelle?
Lattuga!
Mamma! Mamma! Mamma! Mamma! Mamma! Ce l'abbiamo della lattuga?
Athena Giada adesso diamo da mangiare a Gastone!
Athena Giada non urlare che Gastone mangia, sennò si distrae e non mangia più!
Alice Ginevra guarda Athena Giada e si mette le mani sui fianchi, come nessuno di noi fa, ricordando un oratore del ventennio. Guarda fissa negli occhi sua sorella e con tono fermo, ma stranamente a bassa voce, le impone un deciso “Hai capito!”
Sabrina ed io non riusciamo a trattenere un sorriso.
A volte stiamo ad ascoltare per un tempo indefinito i suoi ragionamenti, le sue poetiche per la luna. Guarda Mamma! La Luna si è accesa!
Guarda mamma, la Luna si sta riposando sulle nuvole!
Mamma, Mamma, Mamma! La luna gioca con le stelle! Quella grande è la stella Babbo, quella piccola è la stella Mamma e quella là, che si vede appena è la stella Athena Giada. E tu Alice Ginevra quale stella sei? Io sono la Luna!, dice lei.
Egocentrismo della poesia. Armonia con se stessa, pregi e difetti dell'astro che illumina la notte, Alice Ginevra è così.
Lei è!
Lei è la Luna.



********************************




Un freschissimo e delizioso antipasto estivo, per la preparazione del quale occorrono pochi ingredienti e soprattutto per una sera si possono lasciare i fornelli spenti.


FILETTO DI PESCE SPADA CON PESCHE, SEDANO E CIPOLLA TROPEA

Ingredienti per 3 persone:

250 g di filetto di pesce spada con leggerissima affumicatura
2 pesche noce mature ma sode
2 coste di sedano bianco freschissimo
1 grossa cipolla fresca tropea
qualche foglia di insalata gentilina
4-5 foglioline di basilico
olio extravergine di oliva
il succo di 2 limoni
una macinata di pepe nero
un pizzichino di sale

La preparazione di questo freschissimo antipasto è molto semplice, ma è importante che gli ingredienti siano di altissima qualità, a cominciare dal pesce spada. Noi abbiamo utilizzato del filetto di pesce spada con una leggerissima affumicatura.
Essendo piuttosto spesso, lo abbiamo tagliato a losanghe, ricavandone delle striscioline.
Abbiamo preparato successivamente la citronette versando in una piccola ciotola il succo di limone, olio extravergine d'oliva (siciliano) q.b., un pizzico di sale e una macinata di pepe nero.
Abbiamo unito anche le foglioline di basilico (tenerissime) spezzettate.
All'interno di un piatto di portata abbiamo disposto le striscioline di pesce spada, le fettine di pesce (tagliate piuttosto sottili), le rondelle di cipolla tropea e quelle di sedano.
Abbiamo irrorato il tutto con la citronette e lasciato riposare in frigorifero per un'ora, coprendo il piatto con della pellicola trasparente.
Abbiamo quindi portato in tavola e assaporato con somma soddisfazione del palato.

IL MARE IL SUO OMBELICO, IMPLODE IN UN GOMITOLO DI EMOZIONI - MEZZELUNE AI GAMBERETTI E RUCOLA CON FANTASIA DI SCAMPI E VONGOLE AL SALTO

$
0
0

L’estate che rabbrividiva sotto cortine d’acqua, di pioggia scrosciante, di  gocce  grosse come noci, l’estate che a luglio mostrava già la ruggine ai bordi ha fisiologicamente ceduto il passo a quella calura intrinseca di agosto che affatica i passi e tiene al laccio persino i pensieri.
A fare da ponte tra i due scenari è stata la prima, consapevole volta di Athena Giada al mare considerando che il suo primo incontro fu a giugno dello scorso anno, quando aveva poco più di due settimane di vita e poteva solo inconsciamente godere dell’aria salmastra e dei refoli di vento che si alzavano trasversali sulla spiaggia di sassi .
Il mare che è il mio più intimo paesaggio mentale da quando sono nata, ad oggi, che ne vivo i riverberi fin sulla superficie della pelle, per le nostre pupattole è qualcosa a cavallo tra un sogno, una meta, un diversivo, una distanza misurabile in un centinaio di chilometri ma al tempo stesso è per osmosi, una corrente che passa segretamente anche sotto alla loro pelle. Ereditata da me come le labbra a cuoricino, gli occhi grandi e quella piccola dose di testardaggine che le contraddistingue.
Nemmeno il tempo di finire la frase “Andiamo al mare” che Alice Ginevra è già pronta davanti alla porta di casa con la sua insopprimibile urgenza e l’ inseparabile costumino giallo stretti con forza tra le mani.
La prima volta di Athena Giada ce l’ho sospesa davanti agli occhi con un corredo di immagini e di impressioni.
Athena Giada sguazza, scalcia, allunga il passo e le mani piccole dentro ai suoi piccoli tredici mesi, spogliata del superfluo, via finalmente  l’ingombro dei vestiti e del pannolino. 
Athena Giada non fa certo economia di emozioni e di gridolini appena alluna sulla sua prima spiaggia.
Le pupille in rapimento, come di chi ha appena fatto una scoperta, seguono i rimbalzi immaginari di una pallina dal tappeto uniforme della sabbia a quello più increspato del mare. 
Io mi perdo ad osservare il ventaglio che lo stupore imprime alle sue espressioni, ai suoi gesti, priva di ogni sorta di difese per così dire, immunitarie, di stratificazioni, quelle che a volte rendono complesso anche ciò che non lo è.
Alice Ginevra svuota energicamente il borsone con i secchielli, le palette e i rastrelli e comincia a dare forma ai castelli fatati di cui ci raccontava durante il viaggio in macchina, scavando strade sotterranee e fossati, gridando al papà di fare rifornimento d’acqua, più veloce, più veloce ancora, in una staffetta di secchielli senza fine.
Athena Giada dal canto suo, rincorre veloce il suo colpo di fulmine e ad essere sincera non ricordo di averla mai vista correre in quel modo. In un battere di ciglia è già con i piedini a bagno nel suo primo mare, lei che è attratta dall’ acqua più che da qualsiasi altra cosa.
L’acqua puntualmente le lava via resistenze ed esitazioni. Luca ed io corriamo incontro alle sue risatine vibranti che si perdono tra il ritmico sciacquettio delle onde. 
Felice come non mai, si lascia travolgere da abbracci liquidi e tridimensionali e non paga si tuffa al centro, la testa sott'acqua, per riemergere penso io, traumatizzata, invece no, lei ride e ripete il suo gioco.
La trasciniamo gocciolante quanto recalcitrante sul bagnasciuga, le sventoliamo davanti agli occhi una paletta gialla e per un po’ sembra cedere all'entusiasmo del gioco. 
Raccoglie e spande sabbia in ogni direzione, rade al suolo un paio di castelli, si lascia ricoprire di sabbia dalla sorella, ma la sua calamita interiore pulsa come un secondo cuore e la spinge a correre sempre nella stessa direzione. Imperterrita, inarrestabile.
E’ il mare il suo ombelico, è lì dove vuole stare, dove vuole sbattere i piedini e  perdere l’equilibrio e noi con lei, a respirarci addosso, a risalire dal basso una cornice di mare sfumato e la libertà che puff, implode in un gomitolo di emozioni foderate di calore. 


**************************

Proponiamo un piatto che ci rappresenta ovvero la pasta ripiena con un condimento a base di pesce. Abbiamo usato prodotti freschissimi, nello specifico verdurine dell'orto, il delicato aglio di Voghiera e pesce altrettanto fresco in modo da esaltare la bontà del piatto.


MEZZELUNE AI GAMBERETTI E RUCOLA CON FANTASIA DI SCAMPI E VONGOLE AL SALTO

Ingredienti per 4 persone:

Ingredienti per la pasta:

310 g di farina 00
90 g di farina di semola
4 uova
1 pizzico di sale






Ingredienti per il ripieno:

300 g di ricotta di bufala
200 g di gamberetti freschi sgusciati e puliti
una manciata di rucola fresca selvatica
sale e pepe
un cucchiaino raso di scorza di limone grattugiata
noce moscata






Ingredienti per il condimento:

8 scampi freschissimi
3 pomodori rossi (maturi ma sodi)
1 zucchina
3 spicchi d'aglio tritati e 1 spicchio intero
400 g di vongole fresche
olio extravergine d'oliva
basilico fresco
origano fresco
1/2 bicchiere di vino bianco secco (per il sughetto)
1/2 bicchiere di vino bianco secco (per il sauté di vongole)
1 peperoncino rosso fresco
sale

Anzitutto mettiamo le vongole in una ciotola capiente a bagno con acqua fredda salata. Le lasciamo spurgare la sabbia per all'incirca 3 ore, avendo cura di cambiare l'acqua un paio di volte.
Intanto prepariamo la pasta fresca, impastiamo quindi le farine con le uova e il pizzico di sale, lavoriamo con le mani fino ad ottenere un panetto liscio e omogeneo, quindi riponiamo in frigorifero per circa mezz'ora, dopo avere avvolto l'impasto nella pellicola trasparente.
Nel frattempo ci dedichiamo al ripieno. Dopo avere pulito bene i gamberetti, privandoli del guscio e del filetto addominale poi dopo averli lavati e asciugati,  li tritiamo finemente.
Laviamo la rucola e la tritiamo a sua volta finemente. Ne basta una manciatina nel caso si utilizzi rucola selvatica, quindi piuttosto aromatica di suo.
In una ciotola versiamo la ricotta, aggiungiamo la rucola e i gamberetti tritati, un pizzico di sale, una generosa macinata di pepe, un po' di noce moscata e circa un cucchiaino di scorza di limone grattugiata. Amalgamiamo tutti gli ingredienti e riponiamo il composto in frigorifero.
Tiriamo la pasta usando la Nonna Papera, noi fino alla tacca numero 6, in modo che la sfoglia sia sottile (ma non trasparente).
Ripieghiamo ogni striscia di sfoglia a metà, sistemiamo il ripieno facendo dei mucchietti piuttosto larghi (considerando che vogliamo ottenere delle mezzelune ripiene) e con uno stampo a forma di mezzaluna ritagliamo la pasta premendo abbastanza forte in modo da essere certi che ogni panzerotto sia perfettamente sigillato.
Prepariamo il condimento. Semplice ma ricco di sapore, le verdure dell'orto le abbiamo saltate brevemente in modo da conservarne il sapore e la freschezza..
Tagliamo i pomodori in piccoli cubetti e li lasciamo sgocciolare in un colapasta, in modo che perdano buona parte della loro acqua di vegetazione. Tagliamo la zucchina a cubetti altrettanto piccoli. Tritiamo 2 spicchi d'aglio piuttosto fini.
Puliamo gli scampi, togliendo le zampette, le antenne e il filetto addominale praticando un'incisione sul carapace.
Scaldiamo un generoso filo d'olio extravergine d'oliva in una padella. Aggiungiamo l'aglio tritato e i cubetti di zucchine. Facciamo saltare un paio di minuti poi uniamo gli scampi. Lasciamo rosolare giusto un paio di minuti. Aggiungiamo i cubetti di pomodori, il basilico e l'origano (noi abbiamo usato alcune foglioline tra le più tenere e piccole delle nostre piantine), il peperoncino tagliato a rondelle sottili e un pizzico di sale.
Lasciamo saltare in padella fino a riassorbimento dell'acqua rilasciata dai pomodori, avendo cura di non fare asciugare completamente il liquido del condimento.
A parte prepariamo un semplice sauté di vongole. Scaldiamo un filo d'olio extravergine d'oliva, uniamo 1 spicchio d'aglio tritato e lo spicchio intero. Versiamo le vongole e copriamo con il coperchio. Aspettiamo qualche minuto in modo che si aprano. Irroriamo quindi con mezzo bicchiere di vino bianco e lasciamo sfumare l'alcol. Togliamo dal fuoco.
Uniamo quindi le vongole con un po' del liquido di cottura al nostro sughetto.
Cuociamo le mezzelune in abbondante brodo vegetale. Le scoliamo al dente e le saltiamo in padella con il sughetto quindi impiattiamo.

COME SABBIA, SALE, ZUCCHERO E SPEZIE. - LASAGNE PORCINI E SALSICCIA CON BESCIAMELLA AI POMODORINI SECCHI

$
0
0
Un'identità dal sapore piccante del peperoncino che quando è troppo annulla tutti gli altri sapori, anestetizza il gusto, ma anche incendia la bocca, irrita gli occhi anche dopo essersi lavati le mani e, chissà perché, gli occhi, in quel momento maledetto, hai bisogno di toccarli.
Confusamente metto insieme parole per cercare di esprimere un'identità, una personalità. Parole rabberciate e intrecciate che più le leggo più mi chiedo cosa avrei voluto dire, scrivere.
Mi ostino a darmi un sottofondo musicale per cercare di scrivere una storia, per raccontare quasi quattro mesi di assenza in cui i centimetri, sopra le teste delle nostre piccole, riducono la distanza dal soffitto.

Papà mi ha messo la maglietta con il davanti dietro, ma sono bella lo stesso!
Quattro mesi da raccontare, parafrasando il titolo di una canzone anni sessanta che raccontava di un' estate, ma quello che devo raccontare è la stagione media, trasversale, sdraiata tra l'afa ed il gelo, carica di caldo sbagliato e pioggia bagnata. La stagione dell'ovvio, come tutte le altre stagioni.
Quando è caldo è troppo caldo, quando è freddo è troppo freddo, anche per questo autunno che ha raccolto il calore del colore nelle foglie, che stese nascondono un verde, che ormai non c'è più.
I tre gioielli di casa, ognuno tagliato in modo diverso, diamanti trasparenti ma pieni di luce, simili ma completamente diversi, mai uguali. Ad ogni sguardo li vedo sempre più diversi nell'essere identici, unici.
Cristalli di zucchero, negli abbracci intensi della piccola Athena Giada, nelle sue risate spontanee, nei suoi balletti rock, nel suo cantare, nel suo smettere qualsiasi cosa nel momento esatto in cui cerchi di assorbirla, di richiuderla in un ricordo digitale, anche perché nella mia mente per molto tempo (spero) rimarrà indelebile.
Amara come il troppo zucchero, quell'eccesso che ha Alice Ginevra nel volere tutto l'affetto solo per lei, nel voler giocare con la sorella come se fosse grande e forte quanto lei, come volere tutto il mondo di giocattoli che con il suo sguardo furbetto vede o anche solo intravede.
Dolce come la giusta misura di zucchero, come il perfetto cucchiaio di miele, come il più bel tramonto abbracciato al tuo tutto. Alice Ginevra si trasforma, come l'attrice perfetta, con il suo sguardo intenso, pieno, pregno, tumido, esplosivo nel darti il suo amore.
Caffè nei riflessi dei capelli di Alice Ginevra, Oro in quelli di Athena Giada. I miei colori preferiti. Un caffè con la cremina di zucchero, in poche parole... e sorrido!
Passi scalzi per la casa, soffici e spumosi nei rari momenti di silenzio. Pianti nati dai denti che uno dopo l'altro, velocissimi irrompono tra le gengive della piccola, frettolosi a crescere, forse per farle vivere i sapori che la vita le vorrà mettere di fronte?
Pianti di noia della grande che, con tutta l'acqua che ha scordato il mare e che se ne scende nelle nostre pianure, le ha precluso il giardino, le corse sull'erba, i calci al pallone, i fiori da raccogliere per la Mamma.
Quattro mesi ormai, quattro mesi di scoperte della piccola Athena Giada e di ricerca di conferme della grande Alice Ginevra.
Attenzione a farsi scappare un “ma tu sei piccola!” perché la grande Alice Ginevra si inalbera subito, porta le mani ai fianchi e ti sottolinea immediatamente che lei “non sono piccola! Io sono grande!”.
Attenzione a chiamarla solo Alice anche perché si ripete la commedia dei gesti e lei ti tuona un “Io non sono Alice, sono ALICE GINEVRA!!!”.
Quattro mesi e poco più di uno al Natale. Una cinquantina di giorni e già le richieste hanno superato qualsiasi budget, ma soprattutto ancor prima del buon giorno, del titto, della colazione c'è il perché per eccellenza, “perché non facciamo oggi l'albero di Natale?”
Un pizzico di sale, quel qb, quanto basta per rendere sapida un'intera giornata, per spezzarti la notte, per stancarti ancora prima di essere devastato dal sonno, che vorrebbe distenderti e prenderti per mano per accompagnarti al mattino, che sempre troppo presto arriva.
Quell'esagerazione di sale, quello che scambi nel barattolo solo perché è bianco come l'altro, quello che metti nel cucchiaino (poco), per far passare il singhiozzo alla grande.
Poi lei ti guarda schifata, con la bocca spalancata e la lingua di fuori, penzolante, sbiancata..."ma babbo.... che cos'è!" e poi rimette la lingua fuori e riapre la bocca.
Allora sì che ti sale il dubbio, che capisci che quell'attimo di fretta, che quel piccolo errore, che quella similitudine, che quello è il gemello sbagliato.
Beh, il singhiozzo non c'è più ma forse è il caso di darle acqua da bere, e poi darle quel poco di zucchero, che serve per riequilibrare quella bocca che non si chiude mai... e ancora sorrido.
Sale, quello del mare che è lontano ma così vicino. Il mare di Sabrina, il mare del divertimento, quello di una volta, quello che “non ci metterei i piedi a bagno nemmeno se mi pagano!”, quello che “ma ci torneremo?”.
Con il rock nelle cuffie
Sale e (fateci caso è il sale della vita e non lo zucchero della vita), quel brio che accende gli occhi della piccola Athena Giada, che ha scoperto i cartoni in TV o sul mio PC; lei si siede composta e se li gode, se li gusta fino in fondo, attenta e sorridente.
Athena che ti dà il buongiorno con un abbraccio, che ti appoggia la testa sulla spalla e che ti indica il televisore spento e che, mugolando, lo vuole acceso con Masha e Orso che si rincorrono.
Spezie colorate negli occhi della donna che mi sopporta, che profumano di gioia ad ogni racconto che mi fa sulle due piccole, su ogni parola nuova, su ogni nuova domanda, su ogni nuova affermazione o pretesa che Alice Ginevra le fa.
Spezie piccanti, effervescenti, inebrianti ad ogni suo sorriso, ad ogni momento di coccole che mi regala, anche di quelle coccole di cui, io come qualsiasi maschio, spesso non mi accorgo.
Guardo il foglio e lo rileggo, e mi chiedo se ho raccontato questi ultimi mesi e mi rendo conto che, forse non l'ho fatto.
Rileggo lo scritto ed invece, ne sono certo, di questo tempo passato ho messo tutto, ho raccontato tutto, anche perché quello che non ho scritto si è incastonato nel mio cuore ovunque sia, dato che le mie gioie se lo sono prese in toto.
Il tempo che passa, se lo passi con chi ami, non è come una clessidra che da una parte o dall'altra lascia un vuoto ma è quella sabbia che, portata dal vento, ti segna indelebilmente nel profondo.



*************************

Il piatto che proponiamo oggi è particolarmente invitante per chi come noi ama i funghi, i porcini in particolare. La preparazione è piuttosto lunga, ma ne vale certamente la pena. Il solo profumino che inonderà la casa farà da antipasto ad un pranzo da giorno di festa.






LASAGNE PORCINI E SALSICCIA CON BESCIAMELLA AI POMODORINI SECCHI




Ingredienti per 8 persone:



Ingredienti per la sfoglia:
3 uova
180 g di farina 00
120 g di farina di semola di grano duro
1 pizzico di sale



Ingredienti per la besciamella:
1 litro di latte intero fresco
150 g di burro
farina 00 q.b.
sale e pepe
10 pomodorini secchi
40 g di Parmigiano Reggiano grattugiato



Ingredienti per il ragù:
400 g di funghi porcini freschi
200 g di salsiccia
1 cipolla 
1 carota
1 costa di sedano
olio extravergine d'oliva
una noce di burro
sale e pepe nero
1 bicchiere di brodo vegetale
1 bicchiere di vino bianco secco
500 ml di passata di pomodoro
prezzemolo fresco



Parmigiano grattugiato a volontà


Una volta pronta la sfoglia, che avremo ritagliato in rettangoli di pasta più o meno della stessa dimensione prepariamo il ragù.

Tritiamo la cipolla, la carota e il sedano e li facciamo brevemente soffriggere in un tegame capiente dove avremo precedentemente versato un generoso filo di olio extravergine d'oliva ed una noce di burro.
Nel frattempo puliamo i porcini e li tagliamo a pezzetti.
Li andiamo ad aggiungere al trito di verdure e li lasciamo soffriggere per un paio di minuti rigirandoli con un cucchiaio di legno.
Versiamo quindi il bicchiere di brodo vegetale.
Quando sarà evaporato il liquido di cottura aggiungiamo la salsiccia che avremo sgranato e alla quale avremo tolto la pelle. Facciamo rosolare a fiamma medio alta, quindi versiamo il bicchiere di vino bianco.
Abbassiamo la fiamma, uniamo la passata di pomodoro, regoliamo di sale e di pepe e aggiungiamo del prezzemolo finemente sminuzzato.
Facciamo cuocere per circa un'ora.
Prepariamo quindi la besciamella. 
In una piccola casseruola facciamo sciogliere il burro a fiamma bassa, togliamo dal fuoco e aggiungiamo la farina poco alla volta (noi non la pesiamo, ci regoliamo ad occhio) fino ad ottenere una cremina della giusta densità.
In un tegame capiente nel frattempo avremo messo a scaldare il latte. Prima che giunga a bollore versiamo la cremina di burro e farina nel tegame con il latte e mescolando con un cucchiaio di legno aspettiamo che la besciamella si rassodi e raggiunga la densità che desideriamo.
Togliamo il tegame dal fuoco e regoliamo di sale, aggiungendo anche un pizzico di pepe.
Frulliamo i pomodorini secchi (sgocciolati dall'olio) insieme al Parmigiano grattugiato.
Andiamo quindi ad aggiungere questo composto alla besciamella, mescolando finché perfettamente amalgamato.
Non ci resta che andare a comporre la lasagna nella teglia, dopo averla leggermente imburrata.
Versiamo sul fondo qualche cucchiaio di besciamella e cominciamo a stendere i rettangoli di sfoglia (che avremo precedentemente scottati per un minuto circa in acqua bollente salata e poi scolati ed asciugati).
Versiamo quindi sulla sfoglia prima un po' di besciamella, poi il ragù e spolveriamo con del Parmigiano.
Ripetiamo la stessa operazione per ogni strato di lasagna.
Una volta ultimata la teglia, dopo avere aggiunto una generosa spolverata finale di Parmigiano così da assicurare alla lasagna una perfetta gratinatura, completiamo il tutto con qualche fiocchetto di burro sparso sulla superficie della lasagna. 
Inforniamo in forno caldo a 180C per circa 35-40 minuti.
Squisita, impossibile non cedere al bis.


NON DIPENDE DA NOI - CAPPESANTE CON LAMPONI E PEPERONI CONFIT SU NOTE DI BASILICO

$
0
0
Non dipende solo da noi, la pioggia, il sole, il batticuore, quella speranza che ti commuove mentre le guardi giocare assieme.
La grande crea storie complicate, fruttate, profumate. Dà voce a personaggi di una storia fantastica di giornate e di attimi mai vissuti.
Dà vita a racconti lunghi, anche di giorni. Li mette a letto, li sveglia, fa loro vivere la vita che solo lei sa immaginare.
Piccole fate, maialini parlanti, pecorelle pensanti, piccoli personaggi di una giornata che non ha fine ma con una logica difficile da raccontare, improbabile da descrivere.
Poi, così come ha creato, dimentica la storia e vuole vedere un cartone sul mio computer, ma non una storia diversa, sono sempre quelle due o tre e, come si arrabbia se non trovo quella giusta, quella che ha già visto per l'ennesima volta.
Sfoglia con il dito sul mouse pagine e pagine di video, avvia, clicca, ingrandisce, guarda, ripete e canta... in inglese. Traduce le frasi, gioca con il linguaggio che molti grandi non amano. My little baby, mia piccola bimba grande, più grande di quello che dovrebbe.
La piccolina dai capelli color oro, dagli occhi cangianti, grigioverdi, sfumati d'azzurro che rincorrono il tempo e il suo umore.
La piccola peste che si arrampica su ogni appiglio e che si acciglia per un non nulla.
Basta un no al momento sbagliato, anche se non è riferito a lei, che il suo musetto si imbroncia, lo sguardo scende sul pavimento e una prima lacrima lo segue, lì in basso. Incrocia le braccia e va a nascondersi nel punto più buio che trova a portata dei suoi passi scalzi.
Le guardi giocare assieme. Rincorrono i loro scherzi riempiendo le stanze di risate e di urla felici. Si raggiungono ansimando in una corsa a perdifiato da una stanza all'altra. Si gettano a pesce sul tappetone con la piccola felice di stare sopra a sua sorella che ride con ogni suo poro, che sghignazza fino al singhiozzo.
Piccole pesti crescono nel doppio e più dei loro anni. Una non ne ha ancora 2, ma se non la vesti con un 4 anni tutto diventa minuscolo, soffocante, pronto ad esplodere. La grande, che ancora rincorre i suoi 48 mesi che sono ancora lì lì da venire, già sfoggia vestiti di una signorina grande di 7, 8 anni, senza bisogno di accorciare nulla, senza che ci siano risvolti da fare se non quelli delle maniche per poter colorare, dipingere, impastare, lavare, stirare.
Con il suo asse da stiro, proporzionato giocattolo, con la sua giusta altezza, il suo peso nullo di plastica “sana”, stira affiancando la mamma, ripetendone i gesti sapienti, sottolineando quanto è brava nell'arte che, nessuna donna o quasi, vorrebbe dover fare.
Alice Ginevra, invece comanda quel gioco anche a sua mamma, che un po' sbuffa come quel pesante ferro a vapore che lei, sapiente, gestisce mentre mi guarda e... sorride per come la precisa figlia si impegna ed insiste sulle pieghe dei bavaglini di sua sorella.
Non dipende da noi il sole che scandisce il giorno, la pioggia che bagna, la neve che scompare quando cade nel mare.
Le due sorelle sanno litigare e baciarsi per far la pace. Sanno come conquistarsi l'ovetto di cioccolata, dove è forse più importante la sorpresa che la qualità del suo involucro.
Due sorelle che imparano l'una dall'altra. Sì, anche la piccola può insegnare alla grande.
La piccola Dea è ordinata e con una memoria che ti lascia spiazzato, soprattutto quando, dopo oltre ventiquattrore di ricerche del biberon scomparso le chiedi: “ Athena Giada, ti ricordi dove hai messo il tuo titto ieri sera?”. Athena Giada ti guarda un attimo, come per leggerti il labiale, come per entrarti nel profondo della mente e poi... “Lì!”, esulta mentre varca la soglia della stanza con passo sicuro. Allunga la mano con gesto deciso e recupera il suo biberon e ce lo porta da riempire.
Lei si ricorda tutto, qualsiasi cosa le chiedi di trovare lei sa esattamente dove cercarla.
Non dipende da noi.

********************************
Quello che proponiamo oggi è un antipasto di quelli speciali, dove le cappesante, carnose e sensuali si sposano con le note tendenti al dolce del peperone confit e con quelle delicatamente aspre del lampone mentre dal fondo sale il profumo inebriante del basilico. Squisito!



CAPPESANTE CON LAMPONI E PEPERONI CONFIT SU NOTE DI BASILICO

Ingredienti per 4 persone:

8 cappesante freschissime e carnose
qualche fogliolina di basilico
olio extravergine d'oliva di qualità
1 peperone rosso
8 lamponi freschi
1 pizzico di pepe nero
zucchero q.b.


Anzitutto laviamo molto bene le cappesante, le asciughiamo e le adagiamo su di una teglia da forno.
Nel frattempo facciamo cuocere il peperone rosso nel forno, lasciandolo intero. Quando la pellicina che lo ricopre sarà dorata, quasi bruciacchiata, leggermente abbrustolita, togliamo il peperone dal forno e lo spelliamo.
Lo tagliamo quindi a cubetti più o meno regolari e andiamo ad adagiare i pezzetti di peperone su di una teglia.
Spolveriamo i pezzetti peperoni con dello zucchero e andiamo nuovamente ad infornarli a 170 C per una decina di minuti, il tempo che lo zucchero caramelli leggermente.
Una volta pronti i cubetti di peperone, irroriamo le cappesante con un velo sottilissimo di olio extravergine e le facciamo cuocere a 170 C, in forno preriscaldato, per circa 10 minuti verificando che la cottura sia perfetta.
Un paio di giorni prima abbiamo aromatizzato l'olio con delle foglioline di basilico fresco lasciate in infusione. L'olio aromatizzato al basilico si trova facilmente anche in commercio, ma la qualità non è certo la stessa.
Il piatto è praticamente pronto.
Impiattiamo servendo le cappesante insieme ai cubetti di peperone e ad un lampone, irrorando il pesce con un filo di olio aromatizzato al basilico e con una macinata di pepe nero.

DI SACRO, FACENDO LA CONTA, RIMANE COSA? - ZUPPA CON FUNGHI E CASTAGNE

$
0
0
Novembre sta rotolando verso la parte bassa del calendario, regalando inaspettatamente un po’ di tenue e rassicurante tepore. Non abbiamo ancora acceso il riscaldamento in casa, né riposto nell'angolo più inaccessibile dell’armadio le magliette di cotone.
L’unica sciarpa che mi vanto d’indossare sono le braccia che Alice Ginevra mi avvolge attorno al collo ogni volta che mi corre incontro, all'uscita dell’asilo.
Lei è sempre radiosa.
Con la sua cronica impazienza di infilarsi la giacca imbottita, il civettuolo cappello di lana e di stringere al petto l’adorata sorellina, tutta infagottata nel suo cappottino bianco. Con la voglia di arrivare a casa, di sbarazzarsi in fretta delle scarpe e sedersi finalmente a terra, con i riccioli che le cadono di sbieco, in mezzo a un fitto mucchio di pagine e di figure. Prestando la sua voce a libri altrimenti muti. Impaziente di dare sfogo ai suoi bisogni piccoli, ingenui e, ansiosi, se non subito soddisfatti.
Sulla via di casa, allunga sorpresa il ditino e mi mostra la novità.
“Ohhh guadda di qui”. Mi fa sempre tenerezza il suo personale uso delle preposizioni e degli avverbi (di qui, di lì, di là, di su, di giù). Osservo il suo “di qui”.
I vicini di casa hanno già montato e collaudato le lucine natalizie intorno alla siepe, fresca di trenta euro di parrucco.
Luca, con un’ espressione incredula che s’inarca e fuoriesce da sotto alle lenti degli occhiali, mi domanda “A metà novembre?” allungando le ultime sillabe e il punto interrogativo a seguire. Considerando che già a settembre sono comparsi i panettoni nei supermercati, la cosa ha una sua logica. Meglio anticipare che deficere. Meglio tenersi stretti quegli spiragli di libertà che ancora ci restano.
Di sacro, facendo la conta, rimangono cosa, se non gli affetti, le favole e parlando di festività, il Natale! Vorrei aggiungere la salute, ma quando come stamattina, leggi sul giornale che i tempi d’attesa per una mammografia a Bologna, si aggirano sui diciotto mesi, ti rendi conto che la salute è considerata alla stregua di un bene di lusso.
Così come quando ascolti il raccapricciante racconto di un pentito della camorra che traccia una mappa precisa di tutti i veleni sepolti in Campania, dello sporco business, delle connivenze e di uno Stato che a più riprese ha sempre e solo insabbiato la verità.
Fatti, fummo, per vivere come bruti. La virtute e la conoscenza ormai parlano altre lingue. Segno dei tempi. Segno che il tempo, i tempi sono sempre più tesi, come una corda che minaccia continuamente di spezzarsi.
Hanno tutti fretta, una fretta fottuta di sorpassarlo, il tempo, di parcheggiare in doppia fila o più semplicemente di rispondere ad uno spasmodico desiderio di dare una svolta.
Le nostre stesse tradizioni legate a ricorrenze di carattere religioso sarebbero a rischio di estinzione come lo sono i panda, sarebbero destinate ad essere apparecchiate solo davanti all'intimo focolare domestico se non rappresentassero, per assurdo, la famosa gallina dalle uova d’oro intorno alla quale ruota una buona fetta di economia. Ritenute offensive nei confronti degli altrui credo, sono già state e saranno presto rimosse con un lesto colpo di spugna da tutte le scuole, insieme al crocifisso e al nome di Dio.

Sdoganare i panettoni a settembre, dal mio punto di vista, è semplicemente il modo più democratico per togliere dalle confezioni la sovversiva etichetta di dolce natalizio.
Il mondo e tutto ciò che lo riguarda da vicino, oramai viene prevalentemente codificato in termini di accettazione o di rifiuto, tralasciando le numerose sfumature intermedie, la ricerca, la divagazione, le innumerevoli possibilità di incontro. Si decide quindi più semplicemente, con mano elastica ed erroneamente accomodante, di rimuovere piuttosto che di proteggere ciò che da sempre ci appartiene.
Piuttosto che aggiungere ed integrare nell'accezione corretta del termine.Non resta che incassare l’ennesima sonora e sconsolante sconfitta che personalmente mi provoca un fastidioso sentore di smarrimento. Di questo passo ci rimarranno solo, la bandiera tricolore, forse, e la Nazionale di calcio a rappresentarci. Cataratta di pessimismo?
Rivendico l’importanza delle tradizioni e dello spirito intimo che le accompagna. Come simbolo di identità, come retaggio, come forma di espressione e di linguaggio di un intero popolo.
Al telefono con papà

Le tradizioni, d’altro canto va detto, di questi tempi spesso si traducono in mere e consumistiche ripetizioni di sequenze che danno ai gesti solo l’impronta impersonale di quello che è il rito.
Ripetitività fine a se stessa, che sa essere indiscutibilmente insopportabile e piena di nonsenso, come tutto ciò che è puramente decorativo e privo di una qualsiasi firma.A volte ho l’impressione che si viva come dentro ad una rappresentazione dove di sé non si lascia nulla. Anonimi teatrini messi in scena solo perché si deve, per pura convenzione.
E che traccia, che traccia vuoi che lasci il vuoto dentro agli occhi?


******************************





Oggi presentiamo un piatto corroborante e confortante al tempo stesso. Una delle nostre amate zuppe che si sposa meravigliosamente con la stagione, dal momento che è stata preparata con gli ingredienti autunnali per eccellenza, i funghi e le castagne.




ZUPPA CON FUNGHI E CASTAGNE






Ingredienti per 4 persone:

2 scalogni
2 patate di misura media
150 gr di castagne lessate
1 fogliolina di alloro
300 gr di funghi misti
1/2 bicchiere di vino bianco secco
brodo vegetale
prezzemolo
1 macinata di  pepe nero
olio extravergine d'oliva





Per prima cosa lessiamo le castagne con la buccia, tuffandole in acqua bollente insieme ad una fogliolina di alloro, lasciandole cuocere per il tempo che occorre. Una volta pronte, le facciamo raffreddare e successivamente togliamo la buccia e la pellicina e le teniamo da parte.
In un tegame di terracotta scaldiamo un generoso filo di olio extravergine d'oliva, aggiungiamo gli scalogni tritati e facciamo saltare per un paio di minuti. Uniamo i funghi e li facciamo rosolare a fuoco medio anch'essi per un paio di minuti. Aggiungiamo il vino bianco e facciamo sfumare.
Nel frattempo tagliamo a cubetti le patate sbucciate e le versiamo nel tegame. Mescoliamo ed aggiungiamo il brodo vegetale (1 litro e mezzo abbondante).
Facciamo cuocere a fuoco medio per circa 40 minuti, fino a riduzione del brodo. Aggiungiamo una macinata di pepe nero e poco prima di togliere dal fuoco, aggiungiamo anche le castagne lessate.
Teniamo da parte un po' di funghi interi, scolandoli con la ramina.
Con il minipimer frulliamo grossolanamente gli ingredienti della zuppa. Aggiungiamo il prezzemolo tritato e i funghi interi che abbiamo tenuto da parte.
Impiattiamo completando il piatto con un sottile filo di olio extravergine d'oliva di qualità ed eventualmente con dei crostini di pane.


DUE GOCCE D'ACQUA - GAMBERONI CON LA SCIARPA ACCOMPAGNATI DA PESTO DI RUCOLA E MANDORLE

$
0
0




Due gocce d'acqua diverse, due gocce di vita che seguono gli stessi percorsi diversi. Due gocce parallele nel loro percorso, anche se sono nate in frammenti diversi, da temporali e piogge estive, sotto il sole tra estasi di estati spensierate.
Le guardi e ti immergi nei loro occhi, ti perdi nel loro stupore, nel loro dolore, nelle loro lacrime di gioia.
Arabeschi disegnati sui vetri che creano sentieri paralleli, riempiendone il vuoto, creando senza distruggere.
Lentamente vedi crescere la fantasia, avvolta su se stessa, pressata ed esplosa nei loro giochi fatti di grida, risate e pianti. Uno “scusa Athena!”, poi il ruggito del dinosauro emesso dalla vorace bocca di Athena Giada, un altro lamento ed una scheggia di silenzio, intenso ed abbastanza lungo così che tu ti preoccupi.
Ti alzi, abbandonando la cena che ormai ha il sapore freddo dei troppi impegni e cose da fare, al rientro dalla lunga giornata di lavoro.
Ti alzi e vai a controllare, consumati zero zero sette, spie del cappa gi bi, allunghi lo sguardo e le vedi sedute, tranquille, solari, una accanto all'altra, con la bocca semi aperta e gli occhioni ipnotizzati dalla storia che si sta frantumando sullo schermo piatto, che illumina i resti della battaglia, dove gli unici superstiti sono i nostri due cuscini accartocciati, mentre il resto del campo di gioco è completamente disfatto, un'esplosione di divertimento (per loro!).
Scambio un sorriso con quello di Sabrina, poi all'unisono apriamo le braccia sconsolati e ci allontaniamo.
Nuovamente seduti e decisamente stanchi di questa noiosa ginnastica fatta di richiami, di dubbi sul cosa stiano combinando quelle due birbe.
Ritorno ad ascoltare le vicissitudini del lavoro di Sabrina, decisamente più interessanti dei miei ripetitivi interventi, dei miei più monotoni viaggi non ascoltando la radio, sempre accesa sul canale del “dove parlano sempre” e dove le note non piacciono a Sabrina.
Poi i giochi sul lettone riprendono fino a che la saggia Alice Ginevra ci raggiunge preoccupata “Athena ha bagnato il letto!”.
La fase distruttiva di Athena Giada è iniziata ormai da qualche settimana. Si diverte ad innaffiare sua sorella con il biberon dell'acqua, in qualsiasi posto si trovi. In macchina, in cucina, sul divano, davanti al pc... ovunque le venga in mente di farlo, si attrezza, beve due sorsi ed inizia a gavettonare la sorella, la quale subisce ridendo per poi correre dalla Mamma a “fare la spia”.

Che nervoso! Quando succedono queste cose, ti monta la rabbia e tutta la poesia va a farsi un giro al Bar ad ubriacarsi, per dimenticare di essersi ubriacata.
Stracci alla mano per asciugare, lenzuola da cambiare, vestiti da sostituire e carta assorbente per salvare il salvabile.
E Athena Giada? Ride! Ride mentre le togli il biberon ormai vuoto dalle mani, ride mentre la spogli e, anzi aumenta la dose di gioco. Vuole e pretende che le faccia il ragnetto.
Cos'è il ragnetto? Una piccola sceneggiata scioccherella che si fa portando la mano sopra la pupattola sdraiata sul fasciatoio, Sopra, in alto. Poi, accompagnando il tutto con una musichetta sul genere “Lo squalo”, agitando morbidamente le dita, mi avvicino lentamente e, di scatto, le faccio il solletico sul pancino. E Athena Giada? Ride fino a farsi venire il singhiozzo.
Due gocce d'acqua, piano piano, scivolano lungo il vetro. Tutto rimane trasparente ma, se lo sguardo le attraversa, va oltre e vede tutto più grande, compreso il futuro che verrà.



*************************



La nostra proposta di oggi è un antipasto semplice e di facile realizzazione e la chiave della sua perfetta riuscita sta fondamentalmente nella scelta di ingredienti freschi e di ottima qualità, a cominciare dai gamberoni per arrivare all'olio extravergine.


GAMBERONI CON LA SCIARPA ACCOMPAGNATI DA PESTO DI RUCOLA E MANDORLE

Ingredienti:

8 gamberoni freschi
8 fette di pancetta tipo bacon affettata sottile
50 g di rucola selvatica
5 foglie di basilico
1/2 spicchio d'aglio
50 g di Parmigiano Reggiano grattugiato
olio extravergine d'oliva di ottima qualità q.b.
80 g di mandorle spellate
scorza grattugiata di mezzo limone

La preparazione di questo antipasto è semplice e veloce. Per prima cosa abbiamo preparato il pesto frullando insieme la rucola spezzettata, il basilico, l'aglio, il Parmigiano, le mandorle e la scorza di limone, aggiungendo dell'olio extravergine d'oliva in quantità sufficiente, in modo da ottenere un pesto cremoso.
Abbiamo quindi pulito con cura i gamberoni facendo in modo di rimuovere interamente il filetto nero addominale (cosa che molti ristoranti, anche quotati, spesso non fanno).
Abbiamo avvolto a mo' di sciarpa una fettina di pancetta intorno ad ogni gamberone. Dopo avere scaldato la griglia vi abbiamo adagiato i gamberoni e lasciato cuocere per circa 2 minuti per lato in modo da fare ben rosolare la pancetta. Abbiamo quindi impiattato accompagnando i gamberoni con il nostro profumatissimo pesto.






TRA LE PARENTESI DI ALICE GINEVRA - PASSATELLI DI MARE CON GAMBERONI, CARCIOFI E CANNOCCHIE

$
0
0

Tra le parentesi di Alice Ginevra, dove i punti e le virgole sfiorano i più classici degli apostrofi rosa, ascoltarla è ogni volta una scoperta nuova.

ALICE GINEVRA E LE LINGUE

APRITO – COPRITO- SCOPRITO. Ha giusto appena qualche problemino con i participi passati, ma con orgoglio posso dire che pur non avendo compiuto ancora quattro anni, i suoi congiuntivi sono ineccepibili per non parlare degli imperativi. Con questi ultimi in particolare, è un portento. Impartire ordini e mettere tutti in riga è nella sua natura da leader.

“Mamma, hai sbagliato, non si dice così. Tu sei brava a parlare in inglese, ma io sono più meglio di te a parlare in italiano e poi io so parlare anche in inglese”.

“Alice Ginevra mi porti quel pennarello marrone per favore?”
“Mamma, dillo in inglese, devi dire brown oppure yellow o green, se vuoi altri colori, hai capito?”
 
 
 

LA FILOSOFIA DI ALICE GINEVRA

Sicuramente Epicuro sarebbe entusiasta di questa analisi, dove la poesia si mescola con la filosofia.

“Le nuvole, i batuffoli di cotone e la neve sono fatte della stessa materia e non è solida.”

“Il più grande mago dell’universo è madre natura ed è femmina, non maschio”.

“Io e te mamma, se litighiamo è perché siamo uguali e facciamo proprio coppia come quando giochiamo a carte e ne troviamo due uguali”.
 
 

ALICE GINEVRA E LE COSE DA DONNA

Sento rumori strani, mi affaccio sulla porta della camera da letto e la trovo intenta a curiosare tra le mie cose. Mi vede e nota il mio disappunto, così mi precede. “Mamma stai calma, sto solo guardando i tuoi gioielli, sono molto belli, ma stai tranquilla che sto molto attenta a non farli cadere, lo so che sono preziosi”. Le dico di rimetterli al loro posto e sottolineo che sono miei. “Sì sì, lo so, adesso li metto via, ma guarda come mi sta bene questo braccialetto. Adesso che ci penso, te l’ho regalato proprio io quando ero piccola quindi è anche mio”. La proprietà transitiva non le sfugge.

Sempre a proposito di gioielli, ogni tanto esordisce con “Mamma, io adoroooo i diamanti, sono le mie pietre preferite, le adoro. Quando potrò avere un diamante tutto per me? Quando?”.
“Quando diventerai una brava dottoressa” le risponde Luca. E lei “No, prima di diventare una dottoressa, da grande, voglio diventare una fatina”. Non c’è che dire, ha le idee confusamente chiare.

“Mi dai qualche soldino da mettere nel mio salvadanaio? Così quando sarà pieno ti posso fare un regalo”.

“Mamma, quando sarò più grande mi presti la tua macchina?” La bicicletta le va già stretta.

“Povera me!”
“Cosa succede Alice Ginevra?”
E lei: “Povera me, non ho nemmeno un tablet, nemmeno uno!”

Alice Ginevra è molto affezionata alle sue cose e tende a tenersele strette, ma al contempo pretende di fare suo anche quello che appartiene alla sorellina. Il suo ragionamento è “quello che è mio è mio e quello che è di Athena Giada è da condividere”. La piccolina, molto generosa di natura, non gliele lascia passare tutte però e difende fisicamente il suo territorio. Morale: Alice Ginevra esce puntualmente dalla baruffa con il segno di un graffio o di un morso mentre Athena Giada illesa sventola gioiosamente per aria il giocattolo riconquistato.
 

ALICE GINEVRA SICURA DI SE’

“Mi racconti la favola dei Sette Capretti?”. Inizio a raccontare, ma ogni tre parole mi corregge perché secondo lei non sono abbastanza precisa e dettagliata nelle descrizioni. Alla fine me la racconta lei, con interminabili annessi e connessi.

“Mamma, posso avere una casa sull'albero?”
“E come la vuoi questa casa?”
“Di legno, con dentro una camera, una cucina, un frigorifero pieno di frutta, una libreria grande, il computer di babbo, la tv, tanti vestiti, delle scarpe e dei gioielli e poi voglio le chiavi”.
In pratica vuole già andare a vivere da sola.

Mentre afferra qualcosa di fragile mi guarda e dice “Tranquilla, non lo rompo”. Se lo rigira tra le mani descrivendo ogni particolare a modo suo e mi fa “Hai visto? Non l’ho rotto”.
Già, non ancora, penso io con un certo stato d’ansia.
 

ALICE GINEVRA LE COSE LE SA

Alla sorellina:“Non toccare le cose sporche perché sono piene di batteri e di germi e sono molto pericolosi. Mi sono lavata molto bene anche i denti. Athena Giada, te li devi lavare molto bene anche tu sennò i denti diventano gialli e ti vengono i polipi in bocca”. (????)

“Athena Giada non si fa così, ti fai male. Athenaaaaaaaaaaaaa…devi ascoltare mamma, papà e anche me perché noi siamo grandi”.

“Mamma, dai vulcani esce la lava bollita, lo sapevi?”

Se le dici che una cosa è difficile da fare, lei ti rassicura e ti risponde “Ma no che non è difficile, ce la possiamo fare, vedrai”. E quando si arriva in fondo con successo lei ti guarda e ti dice “Visto? Te l’avevo detto che non era così difficile!”.

“Mamma come si chiama questo dinosauro?”
Guardo l’esemplare che mi indica e le rispondo poco convinta “Pterodattilo”. Lei mi corregge dicendo che lo pterodattilo è quell’altro e mi indica col ditino l’esemplare raffigurato a fianco. Oso con triceratopo, ma mi ride in faccia facendomi notare che “Non lo vedi che non ha le corna?”
Alla fine chiede aiuto a papà, urlando dalla cucina in direzione camera da letto “Papà che dinosauro è questo?”. Lui pur non vedendolo le chiede “Erbivoro o carnivoro?”. Lei risponde “Erbivoro”. Io rimango basita, ne sa più di me la pupattola. Luca risponde di rimando “E’ un brontosauro” e lei “Ecco, è proprio un brontosauro, mi ero dimenticata il nome.”
Scettica, mostro a Luca la fotografia e lui conferma che si tratta effettivamente di un brontosauro.
Alice Ginevra è soddisfatta, mi guarda e mi consiglia di allenarmi a riconoscere i dinosauri perché " Mamma, dai, puoi migliorare!"

Quando prepariamo qualche intingolo lei vuole assaggiare. Si porta il cucchiaio alla bocca e poi “Secondo me manca un ingrediente, manca qualcosa. Io ci aggiungerei un po’ di capperi. Tre cucchiai, no quattro. No, ho cambiato idea, ne basta uno”.

“Mamma mi puoi preparare il riso al formaggio? Servono solo due ingredienti, l’olio e il formaggio, mi raccomando ricordati che sono solo due”.

ALICE GINEVRA E… L’AMORE

“I principi e le principesse si baciano sulla bocca, non è incredibile?” 

“Mamma, posso invitare a casa nostra Leonardo? Prima guardiamo Cartoonito, a lui piace molto Cartoonito e poi andiamo a giocare in camera mia. Poi ti volevo chiedere se posso andare al mare con Leonardo, ma solo io, senza voi.”
Seh seh, pupattola, come no!
E poi continua, “Mamma, è così bello Leonardo”.
Almeno su questo siamo d’accordo, in fatto di gusti sa il fatto suo, il pupo che tra parentesi ha quasi sei anni e a settembre abbandonerà l’asilo per la scuola primaria (perciò urge cambio di fidanzatino), è il più carino della classe.

“Penso che voglio sposare il principe di Cenerentola perché adoooro quelle scarpette di cristallo. Al di fuori di lui non conosco altri principi che abitino qui, sono tutti nelle favole. Forse però se vado a qualche festa da ballo potrò incontrarlo”. Fa una pausa di riflessione e poi dice “Ma io non ho un vestito adatto per andare ad una festa da ballo. Posso averlo mammina, posso?”

ALICE GINEVRA E LA NATURA CON I SUOI MISTERI

“Ho avuto un’idea. Gli alberi che sono senza foglie avranno molto freddo, li vedi? Sembrano dei mostri, quello là mi sembra una strega rinsecchita. Che ne pensi se riattacchiamo le foglie con lo scotch? Che ne pensi, allora? Potrei anche dipingere i marciapiedi di rosso, giallo e blu, sono molto brava a dipingere io. Mamma, guarda come sono sporche quelle macchine parcheggiate vicino alla tua. Andiamo a prendere la nostra spugna così le puliamo.” Un pelino troppo volenterosa.

Punta il dito verso il cielo. “Quella stella è Venere ed è la stella di Athena Giada. La mia invece è la stella polare, ma anche la luna è mia. La luna è la mia preferita”.

Dopo avere comprato un cocco (che desiderava da giorni) e scoperto che all’interno era pieno di muffa, delusissima ha esclamato con un sospiro a rendere il tutto più drammatico “Io ho fatto l’impossibile per trovare un cocco (lei, mica noi a girare tre supermercati!), purtroppo è ammuffito, non ci posso credere, non ci posso credere…..”

“Le foglie con le spine sono foglie urticanti e bisogna fare molta attenzione a toccarle, ma non vi preoccupate, ci sono io e le so riconoscere.”

Alice Ginevraè anche questa.



 *********************










PASSATELLI DI MARE CON GAMBERONI, CARCIOFI E CANNOCCHIE


Ingredienti per 3 persone:

Per i passatelli:

160 g di pane grattugiato (noi abbiamo usato delle piccole mantovane di 3 giorni prima - perché i passatelli riescano bene e non si sbriciolino, il pane non deve essere troppo secco. Da evitare rigorosamente il pane grattugiato confezionato)
150 g di Parmigiano Reggiano grattugiato
5 cucchiai colmi di farina di grano duro
4 uova fresche
la scorza grattugiata di 1/2 limone
noce moscata grattugiata


Per il condimento:

8 gamberoni freschissimi
12-15 cannocchie medio piccole ma freschissime
1 spicchio d'aglio tritato
1 cipollotto di Tropea fresco
1 carciofo (abbiamo usato una mammola)
1/2 bicchiere di vino bianco secco
un filo d'olio extravergine d'oliva
1/2 peperoncino fresco
1 pizzico di sale



Per la buona riuscita dei passatelli, evitare cioè che si sbriciolino una volta versati nel brodo caldo, l'importante è scegliere il giusto tipo di pane grattugiato. Al bando il pane grattugiato confezionato, in vendita nei supermercati, al suo posto consigliamo di acquistare un paio di mantovane e lasciarle "invecchiare" dai 2 ai 3 giorni. 



Grattugiamo quindi il pane e il parmigiano e versiamo entrambi in una ciotola capiente. Aggiungiamo la farina di semola per conferire ai passatelli ulteriore forza. Uniamo le uova, la scorza del limone grattugiata e una bella grattugiata di noce moscata. Amalgamiamo tutti gli ingredienti e impastiamo fino ad ottenere un panetto sodo e compatto. Se necessario, aggiungere altro pane grattugiato.
Lasciamo riposare il panetto in frigorifero, dopo averlo avvolto nella pellicola trasparente, per circa mezzora.
Con l'apposito attrezzo (uno schiacciapatate con i fori larghi) otteniamo i nostri passatelli.
Mentre l'impasto dei passatelli riposa in frigorifero, prepariamo il sugo di pesce.
Tritiamo finemente la cipolla fresca di Tropea, lo spicchio d'aglio e il peperoncino.
Scaldiamo un filo d'olio extravergine d'oliva in una padella antiaderente capiente e uniamo lo spicchio d'aglio tritato. Un attimo dopo aggiungiamo la cipolla e lasciamo rosolare dolcemente.
A parte puliamo le cannocchie e i gamberoni, lasciandone una metà interi mentre gli altri li tagliamo a pezzetti.
Puliamo anche il carciofo, eliminando le foglie esterne più dure e sbucciamo il gambo. Andiamo quindi a tritare finemente il gambo e tagliamo a striscioline il resto del carciofo.
Versiamo in padella anche il carciofo, mescoliamo, lasciamo andare qualche minuto. Uniamo quindi il peperoncino tritato e un pizzico di sale. Qualche minuto, in modo da fare intenerire il carciofo e aggiungiamo le cannocchie e i gamberoni. Essendo freschissimo, il pesce necessita di pochi minuti di cottura. Lasciamo sobbollire per qualche minuto poi sfumiamo con il vino bianco. Una volta evaporato, lasciamo cuocere per 5-6 minuti ancora e poi togliamo dal fuoco.
Facciamo cuocere i passatelli in un brodo vegetale, meglio ancora se si ha a disposizione un brodo di pesce. Quando quest'ultimo giunge a bollore, versiamo i passatelli con delicatezza. Un paio di minuti e li scoliamo rapidamente. Li facciamo quindi saltare in padella con il condimento e impiattiamo immediatamente.
Deliziosi. Da accompagnare con un ottimo vino bianco come un Picol, un Sauvignon Blanc del 2011 con i suoi favolosi 14 gradi.

IO E TE E L'AVVENTURA DI ALICE GINEVRA - MAZZANCOLLE FRESCHISSIME ALLE FRAGOLE

$
0
0
La tensione si taglia con il coltello, quello, il più affiliato, quello che dovresti usare con i guanti in maglia d'acciaio. Il più pericoloso, quello, quello che non tieni a portata di mano, quello che usi soltanto se ci sono io e quando le bambine sono lontane.
Quello che taglia solo con il pensiero, quello che anche un chirurgo non userebbe perché troppo tagliente.
Si tratta solo di una gita. “Ok!” mi dici forse con il pensiero, un pertugio mentale senza il pollice alzato. Non sei convinta della cosa. Analizzi ogni mia parola come se il mio verbo fosse sempre sbagliato.
Purtroppo l'estate è ancora lontana e se ne sta ben nascosta dentro gli armadi.
I colori che avevi pensato per la nostra principessa quasi quattrenne, non sono ancora adatti a questa primavera birichina che sgocciola ad ogni tre per due.
Apri l'anta e sfiori i colori, le mezze maniche, i pantaloncini a pinocchietto, le gonne colorate, i leggins di cotone leggero, l'allegria delle magliette.
Ancora non è il tempo di sfilarle una dopo l'altra, allora le spieghi e le ripieghi, le affianchi e studi l'armonia dei pigmenti della stagione che ancora deve nascere.
Le abbini, sognando il mare, la sabbia e l'afa insopportabile.
Spieghi, ripieghi e reimpili aspettando il momento, che vedrai che ripetitivo sicuramente arriverà.
Tocchi le stoffe, ne soppesi le consistenze, il vellutino, la taglia che ogni mese cresce.
Scopri quelle che già saranno piccole e le cambi d'armadio. Athena ne sarà la prossima proprietaria, cosa certa e sicura.
Ancora il grigio, la manica lunga con Calimero che “...sicuramente la Pupattola non vorrà coprire...” mi dici; la felpa, quella grande e pesante, il maglioncino di cotone che “... ma Alice Ginevra lo chiederà poi alle Dade? ...”, il pigiama rosa con il maialino VIP, quello invernale, quello che avevi già imbustato per il prossimo inverno (forse).
Dubbi, ancora incertezze, esitazione.
Mi chiami e cerchi il mio conforto. Crei la sfilata sul mezzo metro quadro del fasciatoio, riempiendomi di domande, nella speranza che io riesca a sciogliere il nodo della questione, che frantumi quel senso diafano di malcelata rabbia per tutti i tuoi piani saltati, per tutti quei gioiosi abitini adatti anche alle foto.
La tua principessa sarà ugualmente la più bella.
Mi chiedi, cerchi risposte, ma sono certo che, le mie risposte, non ti daranno le certezze che cerchi, la serenità che vorresti.
Non è facile rassicurare una Mamma che sa che la sua quasi quattrenne dormirà fuori la notte, dentro ad un sacco a pelo, lontana da lei, senza i suoi riti, senza il suo titto, senza tutte quelle cose che le regaliamo ogni sera.
Sono sicuro, conosco già le risposte, le leggo nei tuoi occhi, nelle piccole pieghe che si formano sulla tua fronte quando sei preoccupata.
Le leggo nelle piccole cose, nei sorrisi che mi lanci, negli sguardi che non mi fai mentre ti concentri nella ricerca della cosa giusta, nel tepore di casa e, soprattutto, di quello della mamma che solo per quella notte non potrà abbracciarla e darle la buona notte.
Io “macchio” (maschio), come dice Alice Ginevra nel suo lessico ancora imperfetto, sono molto più semplice, più facilone. Analizzo e rispondo solo con la logica, nascondendo accuratamente le mie preoccupazioni sotto a tutto quello che mi pare scontato. “Basta andare in terrazza e capisci che non sarà caldo...”.
Lo so che fatichi ad ascoltarmi, che non vuoi accettare l'eccesso di fresco che questa stagione di mezzo detiene, ma la realtà la senti sulla pelle, la vedi sui peli ritti delle mie braccia. Non è ancora stagione.
Cerco le risposte giuste per te, cerco tra le mie ovvietà di non trasmetterti anche le mie preoccupazioni.
Domani sarà l'avventura per la nostra quasi quattrenne. Sarà un'esperienza che ci racconterà (forse) nel tragitto verso casa.
La tensione si taglia con il coltello, quello affilato, quello, quel coltello che va riposto.
La tensione è il frutto della potenza dell'avventura che la Pupattola vivrà e di quella dei suoi genitori che passeranno la nottata ad immaginare, a fremere per tutti i pensieri che riempiranno la loro mente.
Il pomeriggio arriva ancora più impietoso del previsto. Tutti i piani, compresi i miei si arrotolano su se stessi.
Gli impegni che si allungano, i messaggi che riempiono il cellulare così come liberano il piccolo zaino.
Non è in preventivo uno zaino nuovo, ma devo trovare altri dieci minuti affannati per recuperarlo nel ritorno verso casa, scontrandomi con i vacanzieri del ponte che intasano l'autostrada alla volta del mare.
Se la vita è fatta di attimi, stranamente quei pochi minuti che riesco a racimolare diventano un nulla intenso, un fremito infinito.
Addomesticare l'ansia, a quanto pare, è una parte importante del mestiere del genitore ed è sicuramente una delle cose più difficili a cui fare fronte.
Finalmente a casa. Mezzora alla partenza.
“Ho fatto le mie scale tre alla volta...” e trovo Alice Ginevra stesa sul divano che si abbevera di cartoni animati, mentre tu ancora ti affanni, apri e mi mostri le scatoline con la frutta, i mirtilli che Alice Ginevra adora, i panini con la fesa di tacchino e la fogliolina di lattuga con una goccia di maionese, le pizzette che sei dovuta uscire una seconda volta perché le prime si sono bruciate.
La felpina, il maglioncino, la maglietta ed il resto dei cambi. “Ma gli stivali?” ti chiedo, “no quelli ora non servono più, basta un secondo paio di scarpe!” mi rispondi e mi mandi per un battito di ciglia in confusione.
Ho corso, mi sono affannato, dirottato dai vari whatsapp che mi leggevi, contando anche i secondi e le loro frazioni.
“Ma l'impresa eccezionale è essere normale...” Continuo a canticchiarmi il grande Lucio nella mente. Il tempo continua ad allungarsi, ad estendersi su una distesa di cose da fare e di altre già fatte.
Il tempo è una cosa strana, quando ne hai non ti basta mai, quando non ce n'è più riesci a trovarne ancora per ritardare tutti.
Alice Ginevra si siede sulla tazza ma non riesce ad esaudire il suo desiderio di liberarsi e, come è facile immaginare, la tensione che aleggia in casa di certo non l'aiuta. Ok, la farà a scuola, diventa la decisione finale.
Il giardino della scuola è già pieno, il vociare dei genitori riempie tutti gli spazi del parco.
Cerchiamo ancora conforto dalle dade, sdrammatizzo sbagliando, secondo te, il momento. Poi il pulmino bianco arriva e la partenza della avventuriera ormai è vicina.
Noi e il resto dei genitori ci avvolgiamo al mezzo di trasporto, telefonini pronti a memorizzare l'attimo, noi con la nostra bridge sembriamo i più vintage del gruppo.
Tento le foto ma i vetri riflettono solo i volti nostri che si specchiano sui finestrini fumé del pulmino.
Ma forse sono proprio i nostri visi quelli che è giusto ricordare. Volti felici per trasmettere sicurezza alla nostra avventuriera che passerà la notte a cercare nel bosco delle colline animali fantastici, rumori nuovi, le luci delle stelle ed il buio della notte.
Io e te, nel lettone che per una notte torna all'antico.
Tu ed io con gli occhi chiusi, nel sonno che fermenta i sogni, aspettando il mattino che, strano ma vero arriva quasi subito.
Mi rigiro nel letto cercando un filo di luce per illuminare il quadrante dell'orologio, muovendo il polso per dar luce alle lancette veloci ed a quelle lente.
La sveglia non suona, ma dolcemente ti sveglio. Lo so che è presto, lo so che alle dieci mancano ancora tre ore, lo so che ci vogliono solo venti minuti per andarla a prendere. Lo so!
L'aria della sera, frizzante e birichina non c'è più, il sole ha già riscaldato i dintorni e le mezze maniche danno sollievo.
Bologna è quasi vuota, frutto del ponte vacanziero iniziato.
Si sale per la collina verde e fresca, le chiome degli alberi si scuotono leggere alla brezza che all'ombra rinfresca l'aria.
Quattro passi in salita, con la piccola Athena Giada che corre verso la sorella, Athena Giada che nella notte profonda ha gridato il suo nome venti e più volte, nel sogno.
Arriviamo che lei fa il suo lavoro preferito. Gioca.
La piccola le corre incontro a braccia aperte, si abbracciano, si soffocano d'affetto.
Alice Ginevra, ti siamo mancati? No mamma! Falsa fino al midollo! Gli occhi si illuminano, brillano e ci abbraccia forte.



************************************


I nostri pescivendoli di fiducia, a Comacchio, ci avevano raccomandato queste mazzancolle, appena pescate nel vero senso della parola. Impossibile resistere, considerando la freschezza visibile a occhio nudo, la carnosità e la tenerezza di questi crostacei.
Abbiamo deciso di portarli in tavola in, quasi purezza, semplicemente marinandoli con olio extravergine, succo di limone, sale, pepe e con l'aggiunta di una nota fresca e altrettanto profumata, quella delle fragole.


MAZZANCOLLE FRESCHISSIME ALLE FRAGOLE


Ingredienti:

500 g di mazzancolle freschissime
15 fragole mature e dolcissime
il succo di 2 grossi limoni spremuti
olio extravergine d'oliva di ottima qualità (noi siciliano)
sale grosso aromatizzato alla vaniglia, macinato al momento
pepe nero macinato

La condizione necessaria e fondamentale per la bontà del piatto è la freschezza delle mazzancolle, quindi per noi sono al bando quelle sottospecie di esemplari in vendita presso i banchi del supermercato, con provenienza d'oltreoceano e aspetto poco appetitoso. Detto questo, procediamo ad illustrare la preparazione del piatto.
Laviamo accuratamente le fragole e le tagliamo a pezzetti. Le irroriamo con un po' di succo di limone e le lasciamo riposare in frigorifero per circa mezzora.
Nel frattempo puliamo le mazzancolle, rimuovendo il carapace e il filetto nero addominale, con un po' di pazienza.
Disponiamo le mazzancolle in un piatto di portata. A parte, in una ciotolina prepariamo un'emulsione mescolando olio extravergine d'oliva di ottima qualità con il succo spremuto di 2 grossi limoni. Irroriamo generosamente le mazzancolle con la nostra marinatura e completiamo con alcune macinate di sale grosso aromatizzato alla vaniglia e con alcune macinate di pepe nero.
Aggiungiamo quindi le fragole e copriamo il piatto di portata con della pellicola trasparente.
Lasciamo riposare in frigorifero per un paio d'ore e serviamo aggiungendo un altro sottilissimo filo di olio extravergine d'oliva.
Accompagniamo il piatto con un freschissimo Lighea di Donna Fugata che ben esalta la delicatezza e il profumo di mare che questo delizioso antipasto ci regala.

FESTIVAL DEL TORTELLINO - SABRINA TRA I GIUDICI - SWEET POTATO PIE - TORTA DI PATATE DOLCI

$
0
0


La curiosità è donna, ma in questo caso, la curiosità è la mia.
Le Club de Pirottines, di cui ci onoriamo di fare parte anche senza, purtroppo, partecipare agli incontri perché la giovin prole ha orari che non vanno d'accordo con i meravigliosi incontri che organizzano le splendide Benedetta Cucci e Simona Gavioli (in puro ordine alfabetico), ci fa partecipi per essere parte della giuria dell'evento mondano in Piazza de Mello per il Festival del Tortellino, dove 16 degli Chef associati alla RistoAssociazionetOur-tlen presentano la loro rivisitazione di quello che è il fiore all'occhiello della tavola tra Bologna e Modena. Lo scrigno che i poeti riconducono all'ombelico di Venere, conosciuto in tutto il mondo e, secondo alcuni “fanatici” anche oltre il nostro universo, ha trovato in questa kermesse nuova vita e stimolo per portare in viaggio tra i palati, sapori nuovi per i curiosi ed “amanti” di questo rito tradizionale nato a Castelfranco Emilia, esattamente a metà tra le città che oltre alla secchia si contendono il primato di questa prelibatezza che tutti ci invidiano.
Avrei potuto candidarmi io all'assaggio di un piatto che adoro ma ho chiesto ed ottenuto l'approvazione di Sabrina perché fosse lei il giudice assoluto nella nostra coppia, dato che a lei (sacrilegio!) i tortellini non piacciono. Secondo lei, almeno quelli che ha assaggiato, sanno di “selvatico”, di rancido. Mi son sempre chiesto che tortellini avesse mai mangiato, in quale bettola fosse stata costretta ad ingoiare l'insulto alla nostra tradizione. Sabrina non ama la mortadella (eresia!) perché non ne ama il profumo e perché la ritiene troppo grassa. D'altronde per quanto mi riguarda anche lo scartare il grasso del prosciutto, secondo il mio piacere del mangiare, è un insulto alla buona tavola ma, praticamente tutte le donne, fin da piccole lo fanno, mentre noi uomini rudi e con il colesterolo che viaggia sempre al limite dell'umana decenza lo riteniamo parte importante di quel taglio di coscia stagionata di maiale. Quindi, visto che, di solito, la mortadella ed il crudo sono due degli ingredienti del tortellino... , Sabrina è il giudice migliore che io potessi avere in famiglia.
Appuntamento alle 19,30! Preparativi iniziati alle 18,00 con Alice Ginevra che ha addosso una “sverzura” (per i non bolognesi: essere in fibrillazione) tale che appena Sabrina, con non poca fatica, riesce a convincerla ad indossare il cardigan per coprirsi dal fresco della serata, lei si porta davanti allo specchio e si prova tre o quattro cappelli fino a scegliere il quinto. Lo spettacolo è unico, la corsa avanti ed indietro a prendere i cappelli, l'infilarseli in testa, cercare di farseli calzare al meglio, un' altra corsa in camera ed il ritorno allo specchio, sono quelle cose per cui vorresti avere una telecamera sempre accesa e a portata di mano perché, sono cose che se non le vedi, non ci credi.
Fatto, tutti pronti! Io ingoio il mio antinfiammatorio per l'ascesso che mi ha sconvolto per tutta la giornata e che, poco dopo aver ingurgitato la pozione magica, pare essere scemato.
La serata è decisamente fredda per questi primi giorni d'Ottobre e, a quanto pare, non siamo gli unici ad esserne al corrente, tant'è che non c'è una moto in giro ma sono tutti in auto ed il traffico è tipo quello dell'ora di punta. Un messaggio per avvisare dei nostri dieci minuti di ritardo e mi rilasso alla guida chiacchierando con Sabrina delle nostre “piccole e dolci pesti”.
Piazza De Mello è un moderno spazio ricavato sopra via Stalingrado e per sopra, intendo proprio sopra, ricavata all'interno di un'avveniristica costruzione sullo stile della Defense parigina a cui è stato aggiunto una balena di vetrate a spezzarne la forma e a darle un tocco d'artista, una moderna porta che divide la zona fieristica dalla città. Il vociare della festa lo percepiamo appena spento il motore e già ci immaginiamo la calca agli stand gestiti dagli Chef dei ristoranti di Bologna ma, non immaginavamo certo quello che poi abbiamo visto con i nostri occhi appena le porte dell'ascensore si sono spalancate.
Sbuffi fumanti dai pentoloni dove borbottava il Brodo ed abili mani che spadellavano il giallo gioiello della mia città ed altrettante abili mani che riempivano piccole ciotole di poco ecologico polistirolo ma di grandissima comodità per una festa completamente in piedi tra un banco e l'altro dove le mini cucine andavano, è proprio il caso di dire, a tutto vapore.
Cerchiamo Alice Boscardin, l'organizzatrice, il nostro Virgilio, per farci spigare come funziona la giuria, quali sono i metodi e i modi. La troviamo dietro ad una delle casse, in piedi che stringe a sé le cartellette, comprimendole al suo cappotto del colore dei suoi capelli, le abbraccia come per recuperarne il calore, come per assorbire ogni minimo grado centigrado per sopperire alla temperatura esterna che sembra scendere sempre di più.
Ci viene consegnata la “pagella” ed i coupon con cui accedere agli assaggi.
Sabrina scorre i nomi dei ristoranti per individuare quelli che a lei sicuramente solleticheranno la sua curiosità. Il tartufo, il suo profumo, il suo aroma, il suo abbinamento con un ripieno che lei non ama, la convincono che sarà il primo della sua lista perché convinta che il tubero degli dei possa impreziosire l'assaggio. Iniziamo la ricerca penetrando con lo sguardo tra la folla che si accalca davanti ai vari Chef. Taverna del Cacciatore: Tortellini con Tartufo Nero. A quanto pare la prima scelta comporterà un po' di fila, sette o otto persone sono prima di lei, tutti con il tagliandino in mano, tutti con la mano in tensione come per depositare denaro ad una questua. Sabrina, il mio giudice, torna da me con un'espressione mista tra il festante ed il dubbioso. Felice per avere raggiunto lo scopo del primo assaggio e dubbiosa perché ora le toccherà fare l'assaggio. Sinceramente l'odore, è il caso di definirlo così, era solo quello di un brodo troppo ristretto che copriva troppo pesantemente qualsiasi altro profumo. Il Tartufo, tre o quattro micro scagliette, era annegato nel brodo ed i sei tortellini sei, dalla forma perfetta e questo va ammesso, erano pronti per essere addentati. Sabrina ne sceglie uno cercando di raccogliere tutto il Tartufo possibile, tutto quello che poteva contenere il piccolo cucchiaino che le avevano consegnato assieme alla ciotola di polistirolo. Lo guarda con circospezione, come per sfidarlo, come per autoconvincersi che sarebbe stata in grado di portarlo alla bocca e morderlo con voluttuosità. Il gesto che compie è quello di un bambino che deve ingoiare lo sciroppo cattivo, la medicina schifosa. Per un attimo ho pensato che il brodo fosse troppo caldo, il viso di Sabrina si sconvolge e sputa il boccone a terra con stile Bastianich, accompagnando il gesto con imprecazioni su quanto il suo sapore sapesse di selvatico. Mi porge la “tazza” sfidandomi ad assaggiarlo. Lo conosco bene il sapore del Tortellino ma, abbinato al Tartufo non l'ho mai assaggiato. Sarò sincero, avrei voluto vomitarlo a terra pure io, sapore sgradevole, rancido. L'odore del brodo troppo forte, ed il Tartufo questo sconosciuto. L'impasto del ripieno era... non so come meglio descriverlo... scombinato, dissociato, troppo invadente. Come si faccia ad abbinare ad un sapore così coprente l'aroma del Tartufo che si sposa con preparazioni semplici per esaltarne il profumo particolare. Peggio di così non potevamo iniziare. Voto... uno, anche perché il negativo non è ammesso.
Athena Giada inizia ad essere stanca di stare sdraiata nella sua carrozzina e vuole essere presa in braccio, mentre Alice Ginevra scorazza felice tra la folla con il suo cappello in mano. Così colgo l'occasione per vantarmi e per mostrare alla collettività il secondo gioiello di famiglia, strappando sorrisi e rubando commenti su quanto fosse bella Athena Giada. Se noi papà non ci autoincensiamo un po'... !
Sabrina prosegue nell'analizzare le varie ricette al fine di accertarsi di quello che sicuramente avrebbe gradito e, dopo il primo “assaggio” la sua disamina si fa molto più attenta. Così si prepara mentalmente per il suo secondo assaggio e, dopo l'ennesimo richiamo ad Alice Ginevra che rischia di perdersi tra la festante folla e la ricerca del tavolo del ristorante, raggiungiamo il secondo lato della piazza passando, purtroppo, davanti allo stand dove c'è il Tortellino di Coniglio in brodo di verdure e funghi, nel momento esatto in cui sollevano il coperchio del pentolone in cui il tortellino cuoce. Passi per l'idiosincrasia nei confronti del mangiare coniglio di Sabrina, ma il puzzo che proveniva da quel pentolone ha tolto a me la voglia di assaggiarlo e, a me il coniglio piace eccome.
Finalmente arriviamo al punto per il secondo assaggio. Antica Trattoria Sacerno: Tortellino Polpo e Patate. Qui la fila non c'è ed il piattino in plastica con relativa forchettina dello stesso materiale ci viene porta in pochi secondi, dopo aver assistito all'abilità dello Chef e della sua Brigata nello spadellare il piatto e nel comporlo in modo elegante, nonostante la “grezzitudine” del piatto di portata. Sabrina, questa volta, si è prima accertata di cosa ci fosse nel ripieno e poi lo ha addentato con sicurezza. Uno, poi il secondo e pure il terzo. Gli altri quattro li ha lasciati a me. Peccato che il freddo abbia troppo rapidamente raffreddato il tutto. Anche qui i sapori erano un po' troppo slegati ed il polipo un po' troppo duro e le patate un po' troppo cotte, ma tutto sommato l'insieme era soddisfacente. Utilizzando il primo “assaggio” come metro di paragone, abbiamo quasi raggiunto la sufficienza. Voto cinque.
Al tavolo a lato c'è il terzo ristorante da cui Sabrina vuole farsi tentare. Ristorante da Poggi: Tortellini di Orata e Branzino con sfoglia al nero di Seppia in crema di Cappesante scomposte, caviale di Peperone giallo e rosso in vela di foglia d'Ortica. Probabilmente qualche cosa non l'abbiamo capita durante l'assaggio, anche perché i sei tortellini sei, serviti e composti all'interno di una Cappasanta erano freddi ma, il colore giallo della pasta ci ha fatto presupporre che di nero di Seppia ne avessero usato veramente poco e che la vela d'ortica, complice sicuramente l'aria gelida era stata ammainata dato che non ne abbiamo trovato traccia. Comunque, nonostante fosse già tutto freddo, i sapori erano piacevoli, ma anche in questo caso dissociati, con poca amalgama. Ciò nonostante la sufficienza piena l'ha meritata del tutto. Voto sei.
Alice Ginevra continuava nella sua personale esplorazione insinuandosi dietro le cucine dei vari ristoranti facendo tremare noi e le varie brigate per la velocità con cui si spostava. Ora c'era, ora non c'era più. Una birba a tutto tondo. Peccato che l'aria gelida stesse arrossando troppo le guance di Athena Giada e dato che eravamo già in stato generale di salute cagionevole per i raffreddori delle due frugolette, dopo alcune foto di famiglia per la gioia di Alice Ginevra, siamo tornati in mezzo alla calca per fare quello che abbiamo deciso come ultimo assaggio, anche perché, la temperatura ci obbligava a preservare la salute delle piccole.
Trattoria Scaccomatto: Tortellini di Faraona in sfoglia di Funghi su crema di Castagne. Finalmente qualche cosa di veramente buono, degno di un commento decisamente positivo. La sfoglia sottile ed il ripieno di faraona decisamente bilanciato, molto piacevole. Il sapore della castagna e dei funghi si percepivano nel modo giusto, si abbracciavano in una piena voluttuosità. Sapori che rasentavano l'erotismo, un vero piacere per noi assaggiare il tutto e, veramente è il caso di sottolinearlo, quei sei tortellini, erano davvero pochi. Voto otto.
Sabrina ed io ci guardiamo attorno, vuoi per rintracciare con lo sguardo Alice Ginevra che sempre più sicura di sè continuava il suo slalom tra la folla e le cucine, vuoi perché la decisione di andare era già stata presa e quindi, il talloncino per l'assaggio di vino da 2 euro lo volevamo regalare a qualche viso simpatico che apprezzasse una cosa che noi continuiamo ad apprezzare poco e che, un certo Bottonelli, ci ha reso antipatico: il solo pensare di bere del Pignoletto. Oltre tutto avrei corso il rischio di trovarmelo di fronte e sarebbe stato difficile trattenermi dal dirgli in faccia tutto quello che penso di lui, della sua saccenza e della sua poca correttezza.
Viso simpatico trovato, talloncino regalato e, con un po' di fame ma tanto piacere per aver partecipato ad una bella manifestazione, ci siamo avviati verso casa, lo stomaco vuoto e la voglia ad iperbole di pizza.




*******************************



La torta che proponiamo è decisamente particolare, tenera nella sua consistenza, corroborante nel suo essere nutriente e molto apprezzata per il profumo donatole dalle spezie utilizzate. L'aggiunta delle gocce di cioccolato nasce per solleticare il palato di Alice Ginevra, amante del fondente.



SWEET POTATO PIE
TORTA DI PATATE DOLCI

Ingredienti:

Ingredienti per la pasta frolla:

300 gr di farina 00
2 uova
100 gr di zucchero
100 gr di burro
la scorza grattugiata di mezzo limone non trattato

Ingredienti per la farcitura:

600 gr di patate americane
2 uova grandi
120 gr di zucchero di canna
1 cucchiaino di cannella in polvere
1/4 di cucchiaino di noce moscata grattugiata
il succo di 1/2 limone
2 cucchiai di brandy
qualche pezzetto (o gocce) di cioccolato rigorosamente fondente
1 stampo a cerniera (noi ne abbiamo usato uno del diametro di 24 cm)



Il primo passo consiste nella preparazione della frolla. La andiamo ad illustrare brevemente. Dopo avere disposto la farina a fontana sulla spianatoia, uniamo lo zucchero, le uova, il burro a temperatura ambiente e la scorza di limone. Amalgamiamo il tutto, lavorando l'impasto fino ad ottenere un panetto sodo ed omogeneo.
Lo avvolgiamo nella pellicola e lo lasciamo riposare in frigorifero per circa 30 minuti.
Lo andiamo quindi a stendere con il mattarello, armandoci di pazienza e di farina.
Foderiamo lo stampo a cerniera con la nostra pasta frolla.
Mentre il panetto riposava in frigorifero ci siamo portati avanti con il resto della preparazione, ovvero con la cottura delle patate.
Dopo avere lavato, pelato e tagliato a tocchetti le patate, le facciamo lessare in abbondante acqua non salata. Una volta cotte a puntino (devono essere tenere) le riduciamo a purea utilizzando uno schiacciapatate oppure il frullatore, come nel nostro caso. Al composto di patate aggiungiamo il succo di limone, la cannella, la noce moscata, il brandy, le uova e lo zucchero e facciamo amalgamare bene tutti gli ingredienti.
Con questo composto andiamo a farcire la frolla all'interno dello stampo, livellandolo bene. Completiamo con qualche pezzetto di cioccolato fondente che andiamo a spargere sulla superficie e inforniamo a 180C per circa 45 minuti, fino a quando la superficie stessa risulterà dorata e la base ben cotta. Lasciamo raffreddare e tagliamo a fette.

ODORE DI FESTA - STROZZAPRETI CON NOCCIOLE E TARTUFO NERO

$
0
0
Odore di pioggia calda, trattenuta, sussurrata; di aliti di grigio che scendono fin giù per la gola. Odore di uva, di mosto, di vendemmie lontane. Di sterpaglie, ultimi residui d’estate, che i contadini bruciano nei campi.
Odore di foglie del colore della brace, calde anche loro, cadute, frugate, sparpagliate, perdute. Mentre gli alberi con le braccia aperte che si levano verso i tetti sembrano candelabri resi oggi ancora più spogli.
Odore di mele allineate nelle cassette di legno, un tuffo improvviso, un grappolo di ricordi a investire le narici. Odore di libri, di pagine scarabocchiate, sottolineate, con le orecchie. Di coperte ripiegate mollemente ai piedi del letto. Odore di ghiaia, di nebbia lontana che scivola sfilacciandosi sulle colline intorno a San Luca.
E poi lei. Ride di un riso forte che scoppia come una festa. Lei ride mentre con movimenti rotondi ed armoniosi raccoglie un mazzetto di paglia e si avvicina ai cavalli e agli asinelli. Di questi ultimi conosceva solo il verso, ma non li aveva mai incontrati prima d’ora. Con un gesto ampio della mano accompagna la paglia verso la bocca dei quadrupedi, divertita, appena appena intimorita, ma mazzetto dopo mazzetto si fa sempre più sicura.
“ Acoa un po’ ” dice esortando compiaciuta i cavalli, per convincerli a mangiare un altro boccone e tutta presa dal gioco, illuminata da dentro, torna a ripetere il gesto.
Odore di bancarelle  improvvisate, di vestiti di seconda mano, di paillettes che luccicano come squame di pesce, di porcellane sbrecciate dall'usura del tempo.
Odore lontanissimo che si fa presente. Gli occhi che si soffermano su una zuppiera fine anni settanta, con una trama di fiori lilla e blu che si dipana tutt'attorno alla sua panciuta circonferenza. La rivedo per un attimo sulla tovaglia apparecchiata della mia prima infanzia. Ricordo annacquato. Forse è proprio lei. La ricordo poi reclusa nel grande baule in fondo alle scale di casa, insieme al vestitino bianco del mio battesimo, a mezzi gomitoli di lana, pizzi, a un vecchio mangianastri, alla collezione di quarantacinque giri, a quaderni, scatole, gingilli, statuine di Capodimonte e l’intero presepe. Ricordo soprattutto l’odore che mi investiva ogni volta che sollevavo insieme a mio fratello quel pesante coperchio. Quell'odore di buono che solo l’erba appena falciata riusciva  a malapena a superare.
Odore di strada, di stampe d’epoca, di bouquet di lavanda, di cianfrusaglie varie sparse a terra, tra vecchi pattini a rotelle, bilance con i pesi, datati servizi di piatti e un lampadario di vetro a gocce, di quelli che si usava appendere nell'ingresso di casa, la cui pulizia richiedeva molti extrabonus di pazienza.
Odore di caffè e di brioche riscaldate. Odore di biscotti. Profuma di biscotti la pelle di Athena Giada, il suo viso che sfiora il mio, i suoi occhi che vagano curiosi tra le vie adornate a festa, distratta quando è a spasso, dal pensiero costante del latte di mamma che fa suo ogni volta che può, infilandosi determinata, sotto alla camicetta ancora abbottonata.
Odore di fiato trattenuto. Pizzichi di paura ci pungono la pelle quando saltellando qua e là, Alice Ginevra scompare tra la folla. Si diverte a farci spaventare. Un attimo è ferma davanti ad una bancarella a decidere se le piace davvero qualcosa e l’attimo dopo pare essersi volatilizzata. Il suo riapparire è questione di secondi, una sagoma da fotografare, leggermente piegata sulle ginocchia, le braccia puntellate sui fianchi e lo sguardo di sfida che risponde ai nostri sospiri.
Odore più in là, di pane, formaggio, di fieno, di vino. Un grappolo di Cantine si dispiega sotto ai portici di una strada secondaria, invitando agli assaggi. Centelliniamo qualche sorso, un Teroldego, un Gaglioppo, un Sangiovese, piaceri discreti senza fuochi d’artificio. La chiusa è invece una chicca. Un Riesling invecchiato, gocce d’oro che scendono armoniose. Un rosso ungherese, un Cabernet Sauvignon che mi innamora la bocca con le sue note di legno soggiogate dalla pienezza dei frutti rossi.
Odore struggente di caldarroste che lascia traccia di sé nell'aria  come un velo invisibile che si allarga tutto intorno. Odore di braci che covano scoppiettanti. Odore dolce di frutta matura. Odore intimo e disarmante di altri autunni. Di altri giorni di festa. Odore inafferrabile che sfuma via mentre ci allontaniamo e prendiamo la strada di casa, non prima di avere regalato ad Alice Ginevra un giro di giostra. Affrettandoci, prima che grigio e ovattato piova giù il cielo.








************************************







STROZZAPRETI CON NOCCIOLE E TARTUFO NERO

Ingredienti per 4 persone:

Ingredienti per gli strozzapreti:

350 gr di farina 00
150 gr di farina di grano duro
sale
pepe nero
150-200 ml di acqua



Ingredienti per il condimento:

100 gr di robiola
15 gr di tartufo nero (da mescolare alla robiola)
2 cucchiai di panna da cucina
1 macinata di pepe nero
40 gr di nocciole (noi le abbiamo grattugiate, altrimenti si può usare la granella di nocciole)
1 mestolo di acqua di cottura
1 grosso tartufo nero (circa 40 gr)



Prepariamo prima di tutto gli strozzapreti, un piatto povero della cucina romagnola che abbiamo voluto impreziosire con il tartufo. Su di una spianatoia disponiamo la farina a fontana, aggiungiamo un pizzico di sale ed uno di pepe, l'acqua e impastiamo fino ad ottenere un panetto morbido e omogeneo. Lo lasciamo riposare in frigo, avvolto nella pellicola per un quarto d'ora.
Col matterello tiriamo una sfoglia dello spessore di circa 2 millimetri. Arrotoliamo la sfoglia sul matterello, lo sfiliamo e tagliamo delle strisce di circa 1,5 cm di larghezza. A questo punto, dopo esserci inumiditi i palmi delle mani dobbiamo arrotolare tra i due palmi la pasta e romperla ad una lunghezza di 6-8 cm approssimativi. Li cuoceremo poi in abbondante acqua salata scolandoli un attimo prima che siano al dente (perché li finiremo di cuocere in padella insieme al condimento e ad un mestolo di acqua di cottura).
Passiamo alla preparazione del condimento.
Direttamente in padella stemperiamo la robiola con la panna da cucina, aggiungiamo quindi il tartufo (quello da 15 gr) grattugiato e una macinata di pepe nero. Mescoliamo gli ingredienti.
Un minuto prima che gli strozzapreti siano cotti, li scoliamo e li versiamo in padella con il condimento, aggiungendolo un mestolo scarso di acqua di cottura. Saltiamo la pasta fino a che la salsa risulta cremosa.
In un padellino facciamo tostare brevemente le nocciole grattugiate grossolanamente.
Impiattiamo gli strozzapreti completando il piatto con le nocciole tostate e con abbondanti e generose scaglie di tartufo.

COME LE MELE - RAVIOLE DOLCI DELLA NONNA

$
0
0
Mi piacerebbe insegnare loro l’armonia della semplicità. Seme pieno, rotondo, sincero, la semplicità, non geneticamente modificato, capace nel tempo di crescere e incendiare l’aria con tutta la sua bellezza.
Non ci sono, nella semplicità, quegli spigoli contraffatti, quei pseudo respiratori artificiali, quegli eccessi che tante volte mettono a nudo un vuoto rapace, sdegnoso, abissale.
Viviamo un tempo complicato, fatto di paure che scendono giù a secchiate, di sogni prolassati, di insane leggiucole di stabilità, irragionevoli e sproporzionate, di una malcelata aria di rassegnazione che formicola su e giù per lo straziato stivale. Che spegne quell'urlo vitale, vitale eppure ormai ridotto a un sussurro: ridateci i nostri sogni, ridateci le nostre sudate speranze che quaggiù non ci si aggrappa più nemmeno all'orlo dei desideri.
Mi piacerebbe insegnare loro la bellezza della semplicità, il cui solo abbozzo ammorbidisce la linea dura dei pensieri, tra gli assurdi e gli assurdi quotidiani. Il sole che si siede e fa maturare il grano, la mano sempre tesa che è presenza, l’armonia delle note che passeggiano sotto le dita e lungo la tastiera. La generosità della proprietà transitiva. La saggezza della carta, dell’inchiostro. L’indole della calligrafia.
Mi piacerebbe ricordare loro quanto mi commuovono quei fiumi di versi e di parole scaraventati fuori dalle labbra. Quelle parole appena imparate e ripetute ancora e ancora. Per non perderle, le parole.
Mi piacerebbe che capissero che un gioco in compagnia vale mille solitari videogiochi. Che la vita può somigliare ad una favola se si riesce a dare il giusto valore a ciò che è importante. Che un abbraccio può scaldare più del cachemire.
Mi piacerebbe sentire sempre addosso quel loro sguardo semiliquido, incontinente per la troppa felicità, dopo un giro di giostra, dopo il lieto fine di una favola o nell'esatto momento di mettere in forno quei biscotti un po’ sghembi, un po’ di traverso, un po’ sicuramente meravigliosi, fatti dalle manine della Pupattola sotto lo sguardo attento di Pupetta. Rigorosamente con lo stampo a forma di cuore.
Mi piacerebbe insegnare loro la candida semplicità di un fiocco di neve, di un grazie sentito che vale più di mille parole ruffiane. La semplicità di una fetta di pane spalmata di burro, sorrisi e marmellata. E la semplicità rotonda delle mele.
La semplicità del passo dinoccolato di una domenica d’ottobre, in quel paese su in collina dove si festeggiano i frutti dimenticati, antichi, passati di moda. Del sole spiaccicato in faccia, della penombra disegnata alle spalle dei portoni aperti. Dei mestoli che cloccano metallici dentro enormi pentole da cui salgono vapori di vin brulé .
Mi piacerebbe raccontare ad Alice Ginevra di come, inizialmente intontita ancora dal sonno, beccheggiava per strada nella nostra scia e di come d’un tratto si è animata, ammaliata dal muro di suoni che dalla piazza rotolavano giù fino a noi. Risacca di amplificatori da pochi soldi, ma pur sempre musica.
Mi piacerebbe insegnare loro come è confortante mordere il calore delle caldarroste fino ad annerirsi le mani, fare piovere baci ogni volta che ci va, avere fame di spensieratezza, attraversare il paese col passo dinoccolato della domenica, stringendo tra le mani sacchetti pieni di frutta appena raccolta dagli alberi. Stringendo tra le mani una giornata di festa trascorsa tutti insieme.
E quando loro, tra una manciata di anni, sedute davanti allo schermo leggeranno questo fascio di parole, io immagino che sorrideranno, di un sorriso pieno, rotondo, sincero, capace di incendiare l’aria con tutta la sua bellezza.








****************************









Questa è la ricetta della nonna di Alice Ginevra e Athena Giada. L'impasto ha una consistenza meravigliosa e vogliamo sottolineare che le raviole sono persino più buone nei giorni successivi. Conservate in una scatola di latta possono essere consumate fino ad una settimana dopo la preparazione, senza perdere la loro bontà. Perfette per colazione, insieme ad un cappuccino o un caffè, perfette anche per la merenda di Alice Ginevra.


RAVIOLE DOLCI DELLA NONNA






Ingredienti:



700 gr di farina 00

300 gr di fecola
500 gr di zucchero
300 gr di burro
la scorza di un limone grattugiata
2 bustine di lievito per dolci
1 cucchiaio di vanillina
1 cucchiaio di olio di semi
5 uova
confettura di ciliegie
crema di cioccolato
codette colorate di zucchero
Grand Marnier
zucchero q.b.




La preparazione è semplicissima, occorre però tanta pazienza. Con queste dosi noi abbiamo infornato ben 4 teglie di raviole.
Su una spianatoia disponiamo a fontana la farina e la fecola, al centro uniamo lo zucchero, il burro sciolto a temperatura ambiente, la scorza grattugiata di limone, la vanillina, l'olio di semi, il lievito e le uova.
Impastiamo e lavoriamo fino ad ottenere un composto omogeneo e liscio.
Lo avvolgiamo nella pellicola trasparente e lo lasciamo riposare in frigorifero all'incirca 40 minuti.
Dividiamo successivamente l'impasto in tanti panetti che andremo via via a stendere con il matterello, aiutandoci con una bella spolverata di farina sia sulla spianatoia che sul matterello per evitare che la frolla si attacchi al tagliere o si rompa. Noi l'abbiamo tirata fino ad ottenere uno spessore di circa 2-2,5 millimetri.
Con un coppapasta rotondo non troppo grande (nel nostro caso del diametro di 6,5 centimetri)abbiamo ricavato dalla sfoglia di frolla dei dischetti. Li abbiamo farciti al centro, una parte con un cucchiaino di confettura di ciliege e la restante parte con la stessa quantità di crema di cioccolato. Occorre evitare di farcire troppo le raviole altrimenti il ripieno fuoriesce. Abbiamo richiuso i dischetti, pressando delicatamente i bordi con i rebbi di una forchetta. Abbiamo ripetuto questa sequenza di operazioni fino a terminare i panetti. Una volta disposte le raviole su una teglia rivestita con carta da forno, le abbiamo spennellate con del Grand Marnier, vi abbiamo spolverizzato sopra un po' di zucchero (poco) e abbiamo completato con una pioggia di codette di zucchero colorate. Se non avete il Grand Marnier va bene anche della Sambuca.Abbiamo infornato la teglia in forno preriscaldato, a 150C per circa 12 minuti, tenendo conto che quando le raviole assumono un colore leggermente dorato sono pronte per essere sfornate.
P.S. Il cappuccino della foto è opera di Luca che il fine settimana mi vizia con cotanta abbondanza. E anche Alice Ginevra ha diritto alla sua tazza mignon (ovviamente con caffè d'orzo lei)


CAOS CALMO - CREMA DI CIOCCOLATO BIANCO E NOCCIOLE CON PANE A CASSETTA AI SEMI DI ZUCCA

$
0
0
Quando ci si alza in mezzo alla nebbia, mi devo accertare che la nebbia non sia nella mia testa. Il più delle volte è solo una questione di occhiali, che se li appoggiassi sempre nello stesso posto, certamente farei una figura migliore.
Ma quanto è buona la schiuma di latte che fa Babbo!

Relax pre-nanna pomeridiana
La mia vita è un appoggiare le cose nel mio ordinato caos, dove ogni cosa è al suo posto ed ogni posto ha la sua cosa. Magari!
Sabrina, ultimamente, negli ultimi anni, da quando viviamo assieme, ha sicuramente assorbito il mio difetto e le “interrogazioni” sul dov'è finita una certa padella o dove caspita si è nascosta la lecchiera, è un tema ricorrente.
Alice Ginevra in tutta questa confusione fa la sua parte, dedicando pomeriggi interi a svuotare cassetti ed a giocare con le formine per i biscotti, le pinze, le mie adorate pinze per i fritti, e con qualunque altra cosa che rinviene in quei magici contenitori.
Le prime reazioni a quel marasma innocente furono interventi in totale calma, se così si può dire, altri erano coloriti da toni arcaici che vomitavano imprecazioni modificate e trattenute che, se qualche santo ne fosse venuto a conoscenza, sarei stato incenerito in meno di un battito di ciglia.
E lei verseggia in stile libero

Controllando che Athena Giada non si faccia male
Ma Alice Ginevra è Alice Ginevra, la costanza, la caparbietà, l'abilità di mettersi a giocare sulla porta che è tra il cucinotto ed il tinello, almeno così si diceva una volta, e non c'è nulla da fare, o la scavalchi inventandoti le nuove olimpiadi casalinghe del salto ad ostacoli o ti rassegni ad un pianto a dirotto che anche se dici nove le cose non cambiano.
Le coccole alla sorellina non le fa mai mancare

A spasso per la città
Lei adora gli ascensori con tutti quei pulsanti
Così come la decisione sull'albero di Natale, di quanto dovrà essere alto (di sicuro fino al soffitto, dice lei), di quali colori dovranno essere le luci e le palle e palline che dovranno addobbare cotanta altezza (le vuole anche blu e tra le duecento sfere che abbiamo, mancano proprio quelle blu, quindi mi domando se significa che ne dovremo comprare altre). In quel caso la politica confusionaria prevedo che prenderà il sopravvento e, già mi immagino le battaglie durante la costruzione e l'arricchimento di quel festoso albero di plastica che fa tanto Natale.
Sono certo delle domande sul dov'è quello, dov'è quell'altro, sul sono sicuro che è lì, che ne sono certo che lo avevo messo là dentro, sotto quello scatolone, di fianco a quella scatola, sopra a quel mobile o... forse è in cantina.
Il cappello di Athena Giada che per un giorno intero volle fortemente anche Alice Ginevra e le lacrime si placarono solo appena varcata la soglia di Benetton, appena avuto il tempo di innamorarsi di un copricapo di Hello Kitty

Tutta la mamma!
E.... la rotella di liquirizia, quanto è buona!
Però ad aiutarmi nelle mie ricerche c'è la mia splendida Regina della casa che, quando le chiedi dove sono le cose ha per risposta quello che di più vago non può essere e non ti aspetti.
“Amore dove è finita l'ultima padella che abbiamo comprato?” Le sue indicazioni, il più delle volte sono “è di là!”
“Ma scusa Amore, di là io ci sono, di là dove?”
“Lì, al solito posto!”
“Ma guarda Sabrina che al solito posto c'è la vecchia padella, a proposito, quando la buttiamo via?”.
“Ma come... ma se l'ho messa nel secondo ripiano! Non guardi mai dove sono le cose che cerchi!”
“Amore, ma al solito posto era il terzo ripiano... e comunque al secondo non la trovo.” Ma poi la padella riappare come per magia “al solito posto, di là!”
L'altra magia è il dove è parcheggiata la sua auto.
Amore, vado a prendere la carrozzina che hai lasciato in macchina, dove hai parcheggiato? Di qua o di là? le chiedo indicando i due opposti punti cardinali.
A questo punto la sua risposta mi mette immediatamente in crisi, “Lì!”, perentorio, senza ammettere discussioni, senza alzare nessun regale braccio stendendolo in una qualsiasi direzione, senza stringere nessun pugno liberando il secondo dito, quello che di solito indica qualche cosa, non so, una direzione.
“Di lì, dove?” con il tono di un disperato alla ricerca dell'acqua nel deserto.
“Ti ho chiesto se di qua o di là?” e Sabrina, senza staccare gli occhi dal suo portatile e le dita dalla tastiera mi risponde con un tono scontato “Lì!, lì ti ho detto!”
Quanto amo questa donna!
Athena Giada? Per fortuna ancora non è in grado di aggiungersi al nostro caos calmo.





************************************








Era da un po' che ci eravamo messi in testa di prepararcela questa crema di cioccolata bianca. Di tanto in tanto la compriamo al supermercato, ma spalmarne sul pane di quella fatta in casa è tutta un'altra soddisfazione. Quindi mentre il pane lievitava ci siamo messi all'opera.






CREMA DI CIOCCOLATO BIANCO E NOCCIOLE
E
PANE A CASSETTA AI SEMI DI ZUCCA






Ingredienti per la Crema di Cioccolato Bianco e Nocciole

Una stecca di cioccolata bianca di 150 gr
100 gr di burro
70 gr di nocciole intere
60 gr di zucchero
100 gr di latte fresco intero (c'è chi usa il condensato, noi abbiamo usato il latte fresco)




Nel frullatore mettiamo lo zucchero e le nocciole e frulliamo il tutto fino a raggiungere la consistenza più fine possibile (noi abbiamo scelto di dare alla crema una consistenza leggermente granulosa, ma per chi la preferisse più liscia e cremosa, basta continuare a frullare fino a che le nocciole cominciano a sprigionare il proprio olio creando una vera e propria pasta). Ora aggiungiamo il cioccolato bianco e frulliamo per amalgamare il tutto.
In un pentolino scaldiamo il latte ed il burro fino a che, quest'ultimo, non si scioglie del tutto.
A questo punto aggiungiamo il composto frullato e si mescola per una decina di minuti fino a che inizia ad addensarsi.
Versiamo la crema ottenuta in un vasetto sterilizzato e lo lasciamo raffreddare prima di metterlo in frigorifero.
La crema sarà pronta già dopo un paio d'ore ma per ottenere una crema spalmabile più consistente, va aspettato almeno un giorno intero se non di più.






Ingredienti per il Pane a cassetta ai Semi di Zucca:

460 gr di farina 00
40 gr di fecola di patate
25 gr di burro
10 gr di lievito di birra
150 gr di latte fresco
10 gr di zucchero
13 gr di sale
250 ml di acqua tiepida
50 gr di semi di zucca




Cominciamo con la preparazione del pane che abbiamo affidato alla fedele macchina del pane.
Dopo avere fatto sciogliere il lievito nei 250 ml di acqua tiepida insieme allo zucchero e dopo averlo fatto riposare qualche minuto, lo abbiamo versato nella macchina del pane. Abbiamo poi aggiunto il burro ammorbidito, la farina, la fecola, il latte e il sale. Sempre prima i liquidi!
A questo punto abbiamo avviato il programma di base con doratura media. Quando la macchina emette i "bip" vanno aggiunti i semi di zucca interi.
Non resta che aspettare che la macchina del pane abbia terminato il suo lavoro ed il pane è pronto.


ESEGESI DELLA FELICITA' - RAVIOLI ALLE NOCCIOLE CON ROBIOLA E TARTUFO

$
0
0
Il silenzio cammina sottovoce in questa domenica di Novembre.
La mattina è sempre troppo presto per alzarsi, ma i ritmi di Alice Ginevra sono diversi dai nostri e la sua sveglia è fatta da richieste di amore a volte urlate, ma spesso dedicate alla sua mamma o al suo babbo che devono correre da lei per abbracciarla e coccolarla nei suoi primi attimi di realtà.
Il nuovo letto, nella sua cameretta ancora promiscua con il fasciatoio per Athena Giada, sta diventando, ogni notte che passa, sempre più il suo regno dei sogni d'oro.
Mentre la dolce usurpatrice delle attenzioni della mamma titta il suo risveglio tra le coperte, nel piccolo rifugio che era di Alice Ginevra fino a qualche settimana fa.
Caffè per me, cappuccio con schiuma quasi solida (la mia sfida mattiniera) per la mamma, il latte con il Nesquik per la Principessa reggente che si sdraia voluttuosa sul divano-trono, alla moda delle matrone romane della antica Roma, ordinando l'immediata accensione della TV al grido, ancora sommesso, di “Peppa! Peppa! Peppa!”
Uno sguardo fuori, tra gli alberi nudi, per vedere se anche il resto del mondo ha ripreso a respirare e prende corpo la nostra micro assemblea, per decidere come passare la mattinata. Nel forno spento a lievitare tutta la notte, c'è ancora l'impasto per un piccolo esperimento dolce che, intanto, ci decidiamo a preparare.
Sabrina si srotola tra la cucina e la camera da letto, dove Athena Giada con i suoi sacrosanti ritmi mattutini, ad intervalli senza un preciso ordine, o meglio, sempre nel momento “sbagliato”, la richiama per la sua colazione.
Accendo il forno, accendo il PC per rileggere il procedimento della ricetta che volevamo sperimentare e, cerco di arrivare in fondo, di fare tutto io ma, il mio comandante mi richiama all'ordine sottolineando che, come sempre, la mia manualità nella pasticceria è la stessa di un orso alle prese con un alveare pieno di miele.
Fortuna che quello che manca a me, Sabrina ha il dono di compensarlo. Questo sì che è amore, beh... anche tutto il resto, a dire il vero.
D'accordo che non tutte le ciambelle escono con il buco ma proprio non ci riesce sempre di replicare alla perfezione le ricette dei dolci anche se le seguiamo alla lettera. Pazienza, esperimento era, esperimento rimane.
Ora ci tocca il viaggetto verso la tana di Babbo Natale per mantenere la promessa fatta alla Principessa reggente.
Il suo volto s'illumina d'immenso ancor prima di entrare, di vedere le sliding doors spalancarsi sul regno fatato della casa di Babbo Natale.
Alice Ginevra, da quando è salita in auto non ha smesso di parlare, di porre domande su cosa e che cosa ci sarebbe stato, e noi a spigarle che non si poteva prendere nulla, per ora, perché Babbo Natale ci avrebbe pensato lui.
Un inaspettato silenzio ci ha accolto, nessun brusio, nessun bambino urlante, solo noi tre più uno che scorrevamo le corsie piene, traboccanti di colori e dolci suoni, di odori di giocattoli nuovi, come il sapore dei libri appena aperti, come i sogni che si realizzano.
Alice Ginevra che non sa dove guardare ed io che mi fermo davanti ad un piccolo xilofono per cercare quelle melodie che fanno tanto Natale, che fanno sorridere Athena Giada tra le mie braccia. Sabrina sta chiacchierando con l'unica commessa presente al piano, le domanda quando arriveranno quei piccoli desideri che vorremmo che il Santa Claus delle nostre cucciole, riuscisse a farle trovare sotto l'albero nella notte magica di Natale. Peccato, viaggio a vuoto. Lo capisco dallo sguardo triste di Sabrina che, con un sospiro, accende il suo sorriso attirando l'attenzione di Alice Ginevra su di un albero di Natale spoglio, ma con qualche pallina sbriluccicante appesa.
Mi avvicino ed ho la conferma, allora ci concediamo un giro per tutti i due piani del magico regno. Rivedo i miei giochi d'infanzia, ed un po' mi meraviglio che esistano ancora, che qualche bambino li desideri.
I burattini con il loro teatrino, i mattoncini, il treno della Lima esiste ancora, con i suoi binari lucidi appoggiati sulle nere traversine. Il locomotore è un moderno Freccia Argento e le carrozze sono quelle di prima classe con anche il vagone ristorante. Quasi sei metri di rotaie, sei metri di gioia che si sono sicuramente accesi nei miei occhi.
Cerco la pista della Polistil, quella con le macchine da corsa ma, forse quell'azienda non esiste più. Ora si corre con i personaggi dei cartoni animati, la pista è sempre nera, i pulsanti sono stati sostituiti da consolle molto più sofisticate e il nome dell'azienda non ha, per me, lo stesso fascino ed allora i miei occhi un po' si intristiscono.
Sento invece ridere, una voce cristallina che chiede, che si informa, che riconosce, che chiama Banny un pupazzone di plastica a forma di coniglio alto quasi come me. “Banny! Banny, è Banny!” ripete felice, toccandolo e facendolo pericolosamente ondeggiare.
Alice Ginevra, è meravigliosa nella sua esuberante ingenuità, nella sua traboccante voglia di conoscere e di scoprire. L'esegesi della felicità!
Tra una bambola e l'altra eccole apparire la sua ultima, ma non ultima, passione: gli animali della fattoria. Incurante di quanto da noi sottolineato più volte, che il Babbo Natale sarebbe stato lui a farle i regali, come detto, incurante di tutto e tutti, se ne impossessa e, come una signorina grande, si precipita alla cassa mostrando il suo premio alla cassiera. Solo 4 euro e 95 centesimi. Una scelta oculata in questo periodo di crisi, penso sorridendo.
Per un attimo ho ancora Athena Giada in braccio, il tempo che Sabrina saldi il dovuto.
In fila indiana con Alice Ginevra trionfante ad aprire la nostra parata ci dirigiamo verso la macchina di babbo. Uno sguardo all'ora... sono quasi le 2. Tre ore volate come se il tempo non avesse peso, come se i pensieri si fossero addormentati ed avessero sognato. Quasi tre ore in cui mi sono sentito un bambino felice ed un papà orgoglioso di una così bella famiglia.


***********************************






Piatto speciale dedicato a chi come noi ama la pasta ripiena e il tartufo. Abbiamo voluto impreziosire l'impasto, aggiungendo alla farina della granella di nocciole. Le nocciole si sposano meravigliosamente con il tartufo e contribuiscono a rendere più "ruvida" la sfoglia, in modo che i ravioli raccolgano ancora meglio il condimento.


RAVIOLI ALLE NOCCIOLE CON ROBIOLA E TARTUFO






Ingredienti:



Per l'impasto:



2 uova grandi e freschissime

140 gr di farina 00
60 gr di farina di grano duro
40 gr di nocciole tritate finemente
1 pizzico di sale


Per il ripieno:



200 gr di ricotta mista

90 gr di robiola al tartufo
60 gr di Parmigiano Reggiano grattugiato


Per il condimento ricco:



2 tartufi neri del peso totale di circa 50 gr

burro q.b.



Versiamo le farine a fontana sulla spianatoia, aggiungiamo le nocciole tritate, le uova e il pizzico di sale e impastiamo a lungo fino ad ottenere un panetto omogeneo che lasceremo riposare in frigorifero, avvolto nella pellicola trasparente, per circa mezzora.
Con l'aiuto della Marcato andiamo a stendere la sfoglia, dividendo l'impasto in tanti più piccoli panetti. Li tiriamo sottili facendo attenzione a non rompere la sfoglia.
Nel frattempo abbiamo già preparato il ripieno mescolando in una ciotola la ricotta mista, la robiola aromatizzata al tartufo e il Parmigiano grattugiato. Non occorre aggiungere nè sale nè pepe dal momento che il sapore del ripieno è già di suo molto intenso.
Una volta stesa la sfoglia andiamo a farcirla sul lato lungo, depositando mucchietti di ripieno gli uni a pochi centimetri dagli altri. Pieghiamo poi a metà la sfoglia, la sigilliamo e con una rotella tagliamo i ravioli.
Facciamo cuocere al dente i ravioli in una pentola dove avremo messo a bollire del brodo vegetale leggero.
Li saltiamo in padella insieme al burro e a scaglie di tartufo nero. Impiattiamo completando il piatto con altre scaglie di tartufo, volendo una parte di tartufo la si può anche grattugiare.

DI SACRO, FACENDO LA CONTA, RIMANE COSA? - ZUPPA CON FUNGHI E CASTAGNE

$
0
0
Novembre sta rotolando verso la parte bassa del calendario, regalando inaspettatamente un po’ di tenue e rassicurante tepore. Non abbiamo ancora acceso il riscaldamento in casa, né riposto nell'angolo più inaccessibile dell’armadio le magliette di cotone.
L’unica sciarpa che mi vanto d’indossare sono le braccia che Alice Ginevra mi avvolge attorno al collo ogni volta che mi corre incontro, all'uscita dell’asilo.
Lei è sempre radiosa.
Con la sua cronica impazienza di infilarsi la giacca imbottita, il civettuolo cappello di lana e di stringere al petto l’adorata sorellina, tutta infagottata nel suo cappottino bianco. Con la voglia di arrivare a casa, di sbarazzarsi in fretta delle scarpe e sedersi finalmente a terra, con i riccioli che le cadono di sbieco, in mezzo a un fitto mucchio di pagine e di figure. Prestando la sua voce a libri altrimenti muti. Impaziente di dare sfogo ai suoi bisogni piccoli, ingenui e, ansiosi, se non subito soddisfatti.
Sulla via di casa, allunga sorpresa il ditino e mi mostra la novità.
“Ohhh guadda di qui”. Mi fa sempre tenerezza il suo personale uso delle preposizioni e degli avverbi (di qui, di lì, di là, di su, di giù). Osservo il suo “di qui”.
I vicini di casa hanno già montato e collaudato le lucine natalizie intorno alla siepe, fresca di trenta euro di parrucco.
Luca, con un’ espressione incredula che s’inarca e fuoriesce da sotto alle lenti degli occhiali, mi domanda “A metà novembre?” allungando le ultime sillabe e il punto interrogativo a seguire. Considerando che già a settembre sono comparsi i panettoni nei supermercati, la cosa ha una sua logica. Meglio anticipare che deficere. Meglio tenersi stretti quegli spiragli di libertà che ancora ci restano.
Di sacro, facendo la conta, rimangono cosa, se non gli affetti, le favole e parlando di festività, il Natale! Vorrei aggiungere la salute, ma quando come stamattina, leggi sul giornale che i tempi d’attesa per una mammografia a Bologna, si aggirano sui diciotto mesi, ti rendi conto che la salute è considerata alla stregua di un bene di lusso.
Così come quando ascolti il raccapricciante racconto di un pentito della camorra che traccia una mappa precisa di tutti i veleni sepolti in Campania, dello sporco business, delle connivenze e di uno Stato che a più riprese ha sempre e solo insabbiato la verità.
Fatti, fummo, per vivere come bruti. La virtute e la conoscenza ormai parlano altre lingue. Segno dei tempi. Segno che il tempo, i tempi sono sempre più tesi, come una corda che minaccia continuamente di spezzarsi.
Hanno tutti fretta, una fretta fottuta di sorpassarlo, il tempo, di parcheggiare in doppia fila o più semplicemente di rispondere ad uno spasmodico desiderio di dare una svolta.
Le nostre stesse tradizioni legate a ricorrenze di carattere religioso sarebbero a rischio di estinzione come lo sono i panda, sarebbero destinate ad essere apparecchiate solo davanti all'intimo focolare domestico se non rappresentassero, per assurdo, la famosa gallina dalle uova d’oro intorno alla quale ruota una buona fetta di economia. Ritenute offensive nei confronti degli altrui credo, sono già state e saranno presto rimosse con un lesto colpo di spugna da tutte le scuole, insieme al crocifisso e al nome di Dio.

Sdoganare i panettoni a settembre, dal mio punto di vista, è semplicemente il modo più democratico per togliere dalle confezioni la sovversiva etichetta di dolce natalizio.
Il mondo e tutto ciò che lo riguarda da vicino, oramai viene prevalentemente codificato in termini di accettazione o di rifiuto, tralasciando le numerose sfumature intermedie, la ricerca, la divagazione, le innumerevoli possibilità di incontro. Si decide quindi più semplicemente, con mano elastica ed erroneamente accomodante, di rimuovere piuttosto che di proteggere ciò che da sempre ci appartiene.
Piuttosto che aggiungere ed integrare nell'accezione corretta del termine.Non resta che incassare l’ennesima sonora e sconsolante sconfitta che personalmente mi provoca un fastidioso sentore di smarrimento. Di questo passo ci rimarranno solo, la bandiera tricolore, forse, e la Nazionale di calcio a rappresentarci. Cataratta di pessimismo?
Rivendico l’importanza delle tradizioni e dello spirito intimo che le accompagna. Come simbolo di identità, come retaggio, come forma di espressione e di linguaggio di un intero popolo.
Al telefono con papà

Le tradizioni, d’altro canto va detto, di questi tempi spesso si traducono in mere e consumistiche ripetizioni di sequenze che danno ai gesti solo l’impronta impersonale di quello che è il rito.
Ripetitività fine a se stessa, che sa essere indiscutibilmente insopportabile e piena di nonsenso, come tutto ciò che è puramente decorativo e privo di una qualsiasi firma.A volte ho l’impressione che si viva come dentro ad una rappresentazione dove di sé non si lascia nulla. Anonimi teatrini messi in scena solo perché si deve, per pura convenzione.
E che traccia, che traccia vuoi che lasci il vuoto dentro agli occhi?


******************************





Oggi presentiamo un piatto corroborante e confortante al tempo stesso. Una delle nostre amate zuppe che si sposa meravigliosamente con la stagione, dal momento che è stata preparata con gli ingredienti autunnali per eccellenza, i funghi e le castagne.




ZUPPA CON FUNGHI E CASTAGNE






Ingredienti per 4 persone:

2 scalogni
2 patate di misura media
150 gr di castagne lessate
1 fogliolina di alloro
300 gr di funghi misti
1/2 bicchiere di vino bianco secco
brodo vegetale
prezzemolo
1 macinata di  pepe nero
olio extravergine d'oliva





Per prima cosa lessiamo le castagne con la buccia, tuffandole in acqua bollente insieme ad una fogliolina di alloro, lasciandole cuocere per il tempo che occorre. Una volta pronte, le facciamo raffreddare e successivamente togliamo la buccia e la pellicina e le teniamo da parte.
In un tegame di terracotta scaldiamo un generoso filo di olio extravergine d'oliva, aggiungiamo gli scalogni tritati e facciamo saltare per un paio di minuti. Uniamo i funghi e li facciamo rosolare a fuoco medio anch'essi per un paio di minuti. Aggiungiamo il vino bianco e facciamo sfumare.
Nel frattempo tagliamo a cubetti le patate sbucciate e le versiamo nel tegame. Mescoliamo ed aggiungiamo il brodo vegetale (1 litro e mezzo abbondante).
Facciamo cuocere a fuoco medio per circa 40 minuti, fino a riduzione del brodo. Aggiungiamo una macinata di pepe nero e poco prima di togliere dal fuoco, aggiungiamo anche le castagne lessate.
Teniamo da parte un po' di funghi interi, scolandoli con la ramina.
Con il minipimer frulliamo grossolanamente gli ingredienti della zuppa. Aggiungiamo il prezzemolo tritato e i funghi interi che abbiamo tenuto da parte.
Impiattiamo completando il piatto con un sottile filo di olio extravergine d'oliva di qualità ed eventualmente con dei crostini di pane.

L'IMPRESSIONISMO SECONDO ALICE GINEVRA - TARTUFI DI CIOCCOLATO CON MASCARPONE E BISCOTTI

$
0
0
Aprendo di soppiatto uno dei miei cassetti, quello più inaccessibile e nascosto, ha girato la chiave di una nuova passione.
Saltellando e gridando “Mamma, mamma, mamma” mentre io mi sperticavo in sibilanti “Shhhh, shhhh, Athena Giada sta dormendo”, mi è corsa incontro chiedendomi cosa fossero quei bastoncini pelosi che stringeva tra le mani. Pennelli, sono pennelli. “Ah” ha fatto lei, come se d’incanto tutto le fosse chiaro, svelato, palese. Forse le è passata per la mente la puntata in cui Papà Pig si cala sulla testa una francesissima coppola da pittore e si cimenta con tela e pennello o forse, invece, è semplicemente qualcosa di innato, che fa parte di lei.
Il resto è venuto da sé. Mea culpa, ho alimentato io ulteriormente la sua foga e i suoi moti di curiosità e di stupore, facendo comparire sotto ai suoi occhi sodi ed irretiti, con un ampio e scenografico gesto della mano, una scatola rettangolare con all'interno una serie di tubetti di colori acrilici.
Mi sono chiesta, nello stesso istante in cui le mostravo quel piccolo tesoro, se non fosse però troppo presto darle in mano un pennello. A due anni e mezzo di solito si colora con le matite, alle quali lei e le sue magliette comunque preferiscono il centinaio di carioca jumbo che ha in dotazione, ma l’ entusiasmo che le arrossava le guance e il fatto che, poverina, fosse chiusa in casa da oltre una settimana per via della febbre e della terribile otite hanno scardinato la vacillante serratura dei miei dubbi. Ho pensato che fosse giusto distrarla dalla malattia e mettere tra lei e quella cosa tediosa almeno alcuni minuti ed un paio di porte di distanza.
“Va bene Alice Ginevra, ti faccio dipingere però mi devi ascoltare attentamente che ti insegno come si usano i pennelli, mi raccomando”. 
A dire il vero il predicozzo l’ho trascinato un po’ più per le lunghe, spiegandole che non era facile disegnare con il pennello, che doveva stare attenta a non sporcarsi troppo, che quelli non erano colori adatti a bambini piccoli.
“Occhei mamma, sì mamma!”. 
Il suo incipit all'insegna della cieca diligenza mi ha profondamente sorpresa, solitamente è così irruente, attiva, passionale. Solitamente ha sempre qualche obiezione da intercalare nel bel mezzo di un discorso e spesso le sue obiezioni non fanno una piega. “Sarà la febbre” ho pensato.
Considerata la sua cronica impazienza le ho apparecchiato in quattro e quattr’otto una sedia, ricoprendola alla meglio con un paio di dépliant pubblicitari e mi sono seduta vicino a lei. Ho preparato dei mucchietti di colore qua e là mentre lei gorgheggiava estasiata e ho preso in mano il pennello sotto ai suoi occhi particolarmente vigili.
L’ho intinto nel giallo e mentre stavo per avvicinarlo al foglio di carta, la Miss me lo ha gentilmente strappato di mano dicendomi che aveva già capito tutto e che era capace di fare da sola. Lei è questo. Colei che sa fare da sola e che vuole mettersi costantemente alla prova. 
L’ho lasciata libera, oppormi sarebbe stato tanto inutile quanto negare la nefasta esistenza della polvere. L’ho lasciata con il pennello in mano aspettandomi che in un batter d’occhio si sarebbe sporcata come minimo dalla testa ai piedi, invece la sua religiosa precisione e il suo estro mi hanno quasi fatta rovesciare dalla sedia. “Non ci credo, non ci credo” mi ripetevo sommessamente. “E quando avrebbe imparato a dipingere?”
Era la prima volta che teneva un pennello in mano e lo faceva con una sicurezza disarmante, impugnandolo tra parentesi, nel modo corretto. Dopo le prime tenui strisciate di colore, si è fatta via via più decisa, compiaciuta a dismisura degli effetti che riusciva a ricreare, delle sfumature che prendevano forma sul bianco della carta e diventavano mare, fiori, terra.
La guardavo incredula, tutta presa dal germogliare delle sue idee, concentrata su quel foglio che si andava riempiendo di particolari. Una casa dal tetto blu, un sentiero, un corso d’acqua suppongo, un albero, un fiore e un sole giallo a completare il suggestivo quadro. 
Dopo avere posato con cura il pennello mi ha consegnato il foglio per rendermi partecipe della sua gioia. “Bello!” ha detto autocomplimentandosi e io le ho fatto eco, raddoppiando la sua soddisfazione. Luca appena l’ha visto ha strabuzzato gli occhi e poco ci mancava che lo facesse pubblicare sul Resto del Carlino. “Brava Alice Ginevra, bravissima!”. Non so chi gongolasse di più. Forse io.
“Ancoa fogli” ha cominciato a gridare, tutta infiammata dal suo nuovo gioco. Ancora fogli, ancora colori, ancora mamma che lava i pennelli e li riconsegna all'artista, perfettamente puliti ed asciutti, perché l’artista è esigente e scova anche la più piccola macchia. 
“Ancoa coloi. Biacco e vedde” ordina dall'altro capo del soggiorno. “Il bianco non si vede sul foglio bianco” le obietta Luca. 
“Ma con il bianco ci fa le sfumature, non vedi?” rimbecco io. 
“Uh sfuma anche?” domanda il papà.
Dopo avere appeso ad asciugare una decina di disegni abbiamo finalmente riposto nella scatola i colori ed un paio di sospiri da attrice melodrammatica, della Pupattola e mentre li stavo nascondendo, la mia coda dell’occhio si è accorta che due grandi occhioni cerbiatti spiavano i miei movimenti furtivi. Ecco perché  la birbantella sa esattamente dove si trova qualunque cosa tu stia cercando, anche quello che noi non ricordiamo dove è stato messo.
Il giorno dopo, alla cassa del supermercato, insieme ai generi di primo conforto compravamo una bellissima scatola di tempere, tutta per la nostra Pupattola, immaginando nei suoi occhi quella goccia di felicità che fa traboccare il suo vaso sempre pieno.
I fogli di carta invece lei li reperisce da sé, va nello studio di papà, solleva il coperchio della stampante e la svuota, così puntualmente ogni volta che babbo deve stampare qualcosa si ritrova senza carta. “La carta!!!!” grida sempre costernato. “Possibile che sparisca in continuazione?”.
La piccola principessa accorre in un lampo e sollevando un’intera risma dal ripiano dello scaffale dice “La catta è di qua, babbo!” ed estremamente interessata, si assicura che il babbo, la ricarichi generosamente di fogli, la sua bella stampante.
La casetta dal tetto blu e il sole col sorriso
Casetta, terra, fiore, sole e nuvola
I fiori del mare
Casetta, terra e fiori
La pioggia sul mare
Alberi e cielo

***********************************



La ricetta di oggi è un peccato di gola al quale è impossibile resistere. Questi tartufi fondenti li abbiamo visti qualche tempo fa sul blog della strepitosa Federica e abbiamo voluto replicarli. Semplicissimi da preparare e golosi all'ennesima potenza.



TARTUFI DI CIOCCOLATO CON MASCARPONE E BISCOTTI





Ingredienti:

260 g di biscotti secchi (noi abbiamo usato gli Oswego)
250 g di mascarpone
100 g di cioccolato extrafondente
60 g di zucchero a velo
cacao amaro q.b.




Per prima cosa tritiamo i biscotti con il frullatore.
A bagnomaria sciogliamo il cioccolato extrafondente, dopo averlo tagliato a pezzetti.
Una volta sciolto, fuori dal fuoco aggiungiamo il mascarpone e lo zucchero a velo, aiutandoci con una frusta. Una volta amalgamati gli ingredienti, incorporiamo i biscotti e mescoliamo con cura.
Copriamo la ciotola con della pellicola e lasciamo riposare in frigorifero per circa 3 ore.
Prepariamo delle palline del peso di circa 15-16 grammi l'una.
Le passiamo infine nel cacao amaro e le riponiamo in frigorifero prima di portarle in tavola.
Con la quantità di ingredienti utilizzati a noi sono venuti circa 40 tartufini.

UN NATALE... PRATICAMENTE PERFETTO! - GOMITOLO DI PASTA KATAIFI CON MASCARPONE, CIOCCOLATO E NOCI

$
0
0

Un sordo boato. Tremano i vetri delle fragili finestre di metà del secolo scorso. Gli occhi di Alice Ginevra sono spalancati con la fronte aggrottata e la bocca semiaperta.
Le sue spalle si fanno piccole e le sue piccole mani raggiungono il petto come per non farne uscire il cuore, un piccolo salto all'indietro come per compensare il minuscolo spostamento d'aria.
Ora i suoi occhi corrono velocemente per la stanza per cercare qualcuno che dia risposta a quello che è, per ora, solo un suo pensiero.
Si siede sul divano appoggiandosi ai cuscini, rannicchiandosi leggermente fino a sentirne la consistenza morbida, avvolgente. Il suo peluche Pio, un paperotto cicciottello giallo è lì, di fianco a lei che riposa sullo schienale, ignaro delle necessità di Alice Ginevra, del suo bisogno di essere abbracciata.
“Che cos'è babbo?” il suo pensiero si libera, apre le porte per avere una risposta che la rassicuri. Alice Ginevra sa benissimo che cosa è successo, ma la scena del cartone animato che ha rivisto per l'ennesima volta in TV, le fa interpretare quella parte, quella della bambina paurosa che vuole le coccole, anche se, mi sa che la paura è quella vera ed il suo bisogno di coccole una necessità impellente.
“Nulla Amore! Non è nulla, è solo un petardo. Qualcuno lo ha fatto scoppiare...” Alice Ginevra non è convinta della risposta, non è quella che avrebbe voluto sentire, non è quella che quel personaggio rosa riceve dal suo Papà.
“Che cos'è Babbo?” Me lo richiede per avere la risposta giusta. “No Dada, non è un tuono, è Natale e qualche bambino si diverte a fare i botti...”
“Cos'è otti!” Mi chiede con quello sguardo da furbetta mentre riprende il suo titto di “quicco” (bevanda preparata con il latte e l'aggiunta di quel cioccolato della scatola gialla sponsorizzata da un coniglietto). “Cos'è otti?”. Ed ora come glielo spiego?
“Nulla cucciolotta mia, è una cosa che fa bum e basta, non è un temporale...” Le accarezzo la testa e le porgo il suo Pio. “Forza Alice Ginevra che si va a nanen!” La prendo in braccio e le bacio una guancia. “Andiamo a dare la buona notte ad Athena Giada ed alla Mamma che questa notte deve arrivare Babbo Natale a portare tutti i giochi.”
Alice Ginevra, penso tra me e me, è ancora troppo piccola per emozionarsi, per non volere andare a letto, per cercare di stare sveglia ad aspettare l'omino paffuto vestito di rosso. Lei mi abbraccia stretto al collo, passiamo nella camera dalla Mamma che sta cercando di far addormentare Athena Giada, un “muah!” sulla guancia, uno sbadiglio e la Pupattola è pronta per andare a conoscere Morfeo e le sue ninfe.
Ora tocca a me sedermi, o meglio, sdraiarmi sul divano, in attesa che la Babba Natale si liberi dalla sua Ninna Nanna e che inizi la disposizione dei pacchi che, solo lei sa dove sono e che solo lei sa come vuole disporli sotto l'albero.
Alcuni dei regali che Babbo Natale ha portato alle due principesse
La mattina chi si sveglia presto sono io, sono io che fremo, che ricordo le emozioni di quaranta e passa anni fa. Sono io che riaccendo le luci dell'albero e che faccio giusto giusto, tre passi indietro per contemplare il meticoloso lavoro di Sabrina, per poi spegnere nuovamente la luce e ammirare i riflessi delle lucine sui pacchi dietro ai quali, ho ben nascosto quello per Sabrina.
Preparo il caffè, il latte con la schiuma per il cappuccino speciale di Natale, con il triplo pennacchio di crema di latte e lo porto dalla rilassata dormigliona che allatta nel sonno la secondogenita che si era appena destata.
“Buon Natale Amore!” Sabrina si gira con gli occhi ancora chiusi e allunga la mano per poi accorgersi che se non fa uno sforzo in più per raggiungere almeno la posizione in stile Giuseppina del Canova, non sarebbe mai riuscita a gustarsi lo speciale cappuccio del Natale.
“Ed ora chi la sveglia la Principessa regnante? Chi le spiega che dovrà aprire i pacchi alla svelta perché dobbiamo partire per andare da tuo fratello a Riccione?”.
Lo so, iniziare subito con tutte queste domande non è il massimo del buongiorno ma, in questo 25 Dicembre ci sono tantissime cose da fare compreso l'ora e mezzo di viaggio per andare al pranzo e, finalmente conoscere tutta la famiglia di Sabrina e, di conseguenza far conoscere meglio alle due Principesse la Nonna, gli Zii, le Zie e la Cuginetta di Riccione.
Alice Ginevra si sveglia “storta”, che oggi sia Natale non fa differenza. Lei dormiva e lasciare quel mondo di sogni le lascia un vuoto dentro, un distacco che lei non vuole recepire, che lei disconosce e che le fa disconoscere anche noi.
“Alice Ginevra, è arrivato Babbo Natale!” E chi si aspettava urli di gioia come io e Sabrina si sbaglia di grosso, gli urli ci sono ma, sono quelli di rabbia.
“Alice Ginevra, dai che andiamo ad aprire i regali!” Lei non ne vuole sapere, quello che vuole è il suo Pio che è esattamente al suo fianco ma che lei, con ancora gli occhi velati di sonno non vede. Un grido supplicante, un solo nome ripetuto disperatamente: “PIO! PIO!...”.
La cucciolotta si dimena, non ne vuole sapere di questo signor Natale che ha portato chissà che cosa, lei dormiva e, a quanto pare, faceva dei sogni bellissimi. Come arriva sulla porta... il silenzio, lo stupore. Finalmente ha preso coscienza sul da farsi e la sua timidezza prende il sopravvento.
Si stringe ancor più forte alla Mamma e affonda il viso sulla spalla, cercando di nascondersi, di non vedere, di non capire che quello che è la, sotto l'albero è quasi tutta roba sua.
La Mamma mi aveva fatto stampare piccole foto di Alice Ginevra e di Athena Giada per far capire alla Principessa Regnante quali fossero i suoi pacchi e quali fossero quelli di Athena Giada ma, alla Pupattola Uno, non importa un fico secco, i pacchi sono tutti da aprire e si fa carico lei dell'onere. Un leggero strattone e si lancia a terra, afferra il primo ed inizia voracemente a strappare la carta ed a ripetere, quasi ossessivamente il suo mantra: “Quetto cos'è? Quetto cos'è? Quetto cos'è? Quetto cos'è?”.
Mamma mia, ma quanta carta che c'è! Quanti cartoni ingombranti, quante pile da inserire, quante viti da avvitare, quante spiegazioni da motivare, … che caos! La pupattola è raggiante, euforica, Babbo Natale l'ha ricoperta di doni, a lei e alla sorellina, Babbo Natale si è spezzato la schiena per portare... tutta quella carta!
C'era da scommetterci che si partiva con mezzora di ritardo ma, d'altronde, una stanza da bagno con tre donne non fa i miracoli. Con un sms mi giustifico con l'ospite e, per fortuna la strada è libera e tutto fila liscio fino a Riccione.
Athena Giada & Babbo
Alice Ginevra con mia sorella
Mia sorella Vanessa Claire insieme al fidanzato coccolano Athena Giada
Da destra Alice Ginevra, mia mamma, Athena Giada e la cuginetta Giulia con in braccio il gatto Yuko
Tutte ad accarezzare Yuko, persino Athena Giada
L'ospitalità romagnola sapevo che era speciale ma non immaginavo così tanto. Una famiglia splendida. Antipasto misto, cappelletti con brodo di cappone, strozzapreti speciali, unici direi per quanto erano buoni. Arrosto succulento e agnello straordinario.
Vino, veramente della casa, allevato è il caso di dire,con cura e amore, quasi fosse una persona di famiglia.
Marino, il suocero di Niki, il fratello “piccolo” di Sabrina, ha sfoggiato un rosato di Sangiovese fresco e giovane, un Sangiovese in purezza di una magnificenza unica, forte e profumato. Grappe una più buona dell'altra! Peccato non essere riuscito ad assaggiarle tutte, peccato non essere riusciti ad andare a visitare la sua cantina, anche perché dopo la specialità della Edda, la mamma di Sabrina, che ha portato il tanto famoso pandoro con il gelato che Sabrina mi decantava fin dal primo Natale passato assieme, eravamo sazi anche per il giorno dopo.
Un pomeriggio leggero, passato in scioltezza tra racconti e ricordi sereni.
Una compagnia magnifica, L'Edda, la Mamma di Sabrina, un pozzo di cultura, Vanessa ed il suo moroso Fabio, Rossano, un ragazzo veramente speciale, il fratello “grande”, Valentina la padrona di casa, Niki il secondo padrone di casa, Marino e la Marisa, i suoceri di Niki, Giulia la Cuginetta, il gatto Yuko ed il cane Lapo... ci mancano già tantissimo.
Alice Ginevra, mia sorella Vanessa Claire, Giulia e sullo sfondo mio fratello Ross e Luca
Alice Ginevra si cimenta con i puzzle sotto lo sguardo di mia mamma
Impariamo a scrivere
Alice Ginevra si è fatta scivolare addosso tutta la giornata giocando con i regali del Babbo Natale romagnolo e ridendo serena per tutta la giornata. Peccato che la cuginetta Giulia avesse ancora i postumi dell'influenza che la martoriavano e che quindi non è potuta essere sempre presente e festosa come, a detta dei suoi genitori, è sempre, ma la complicità tra le cuginette è stata comunque da...strappasorrisi. Athena Giada si è lasciata spupazzare dalla nonna e dagli zii. La zietta Vanessa, invece, non ci ha omaggiato della sua splendida voce, di una delle sue bellissime canzoni ma è stata una bellissima sorpresa per la sua solarità e la sua preparazione in campo chimico e farmaceutico, fresca fresca di studi.
I tanti flash della digitale non sono riusciti a cogliere tutta la serenità di quell' incantevole pomeriggio.
Un Natale che, ne sono, ne siamo più che sicuri, avrà un posto speciale nei nostri cuori.
Le luci ed il profumo del mare ci sono lentamente sfuggiti di dosso, si sono appisolati nei nostri ricordi carichi di calore e serenità. Almeno per un giorno intero tutto è stato... praticamente perfetto!


****************************




GOMITOLO DI PASTA KATAIFI CON MASCARPONE, CIOCCOLATO E NOCI

Ingredienti:

450 g di pasta Kataifi surgelata
300 di mascarpone
30 g di gocce di cioccolato fondente
una manciata di noci sgusciate




Per lo sciroppo:

3/4 di tazza di zucchero
1/2 tazza di acqua



La pasta kataifi è una matassa di fili sottili di pasta, perfetta per creare nidi, cestini e via dicendo. Prima di utilizzarla deve essere lasciata scongelare, dopodichè si allargano le matasse.
La preparazione della torta è semplicissima. Una volta scongelata la pasta kataifi, la si sbroglia con le mani, ungendola eventualmente con burro fuso, ma non è necessario, basta un po' di pazienza.
Imburriamo una teglia e vi stendiamo la metà della matassa della pasta kataifi. Formeremo uno strato alto circa 2 dita.
Ricopriamo uniformemente lo strato di pasta con il ripieno, ottenuto mescolando il mascarpone al quale abbiamo aggiunto delle gocce di cioccolato fondente.
Ricopriamo con la restante metà della pasta kataifi e inforniamo a 190C fino a doratura.
Nel frattempo prepariamo lo sciroppo che dovrà avere una consistenza densa, lasciando sobbollire per una decina di minuti acqua e zucchero.
Togliamo dal forno la torta, cospargiamo delle noci sulla sua superficie e una volta raffreddato lo sciroppo, lo andiamo a versare sul dolce caldo.
Deliziosa.



L' ARTISTA E IL SUO PAPA' - LA DEA E LA SUA MAMMA - FOCACCIA CON LE OLIVE

$
0
0


L' ARTISTA E IL SUO PAPA'

Luca dice di vedere l’artista perfetta in Alice Ginevra. Attrice, compositrice, musicista. Estroversa fin dentro la più remota e isolata molecola, condisce ogni cliché, ogni ovvietà, ogni pour parler con humour sagace, disfando il confezionato, rimettendo a posto le tessere alla sua maniera, scardinando serrature poste ad altezze ben superiori alla sua.
Non si lascia surclassare, superare, calpestare. Ha la grinta a portata di tasca. La risposta pronta all'occorrenza. Espressioni facciali tra le quanto più eloquenti mi vengano in mente. Gesti che sanno rimarcare a mo’ d’ evidenziatore, il concetto espresso.
Le mani puntellate con forza sui fianchi quando ha deciso da che parte deve girare il mondo, il suo e quello degli altri.
Inchini appena accennati, per congratularsi con chi l’ha positivamente sorpresa.
Il dito indice accostato alle labbra quando il messaggio che sta per formulare è di particolare importanza per tutti i presenti. Drizzate bene le orecchie, pare voglia dire.
Un sorriso poi, che disegna l’arcobaleno anche nella più nefasta situazione spazio temporale.
Sicura di sé, del suo sapere fare e pensare, del suo volere imparare ciò che è nuovo. Visionaria “qu bi” per comporre stralci di versi sulla luna e le stelle, sulla notte e sul mare.
Eccentrica nel trasformare un cassetto di foulards in vistosi bracciali, nel volere a tutti i costi dei leggins leopardati da abbinare all'ultimo paio di scarpe color oro. Nel fare un appello a fine gennaio a Babbo Natale e alle sue renne perché tornino, per favore e grazie, a farle visita, specificando vita, morte e miracoli del regalo che le piacerebbe vedere materializzarsi. Poi mi strizza l’occhio e mentre sto addentando una mela mi dice che così mamma e papà non devono spendere i soldini. Solo per un pelo non mi sono strozzo.
Alice Ginevra, la meraviglia delle meraviglie. Che gioca con l’idea del francese spargendo un po’ di sberleffi e di accenti qua e là, così la sua Athena diventa “Athenà”, Luca è “babbò” e io “mammà” e non ci penso neanche a farle le pulci spiegandole che mammà, più che il tricolore francese mi faccia venire in mente una commedia di De Filippo. Alice Ginevra che ha introdotto un neologismo, per cui Egregi signori Zingarelli e Zanichelli, prendete nota. La parola in questione è ABBUDITI.
Significato: pesante, faticoso. Naturalmente in senso metaforico sta per tedioso, fastidioso.
Alice Ginevra detesta l’insipido, i ruoli passivi e i miei sì di circostanza che a volte, lo ammetto, mi scappano. Con la faccia contrariata mi guarda e favella “Non mi devi dire di sì, mamma!” e aggiunge “Parla, mamma, parla!”, interessata a conoscere il mio pensiero presentato sotto forma più estesa. Interessata ai particolari più che all'insieme. Da che verso il dado è tratto alla fine del discorso, lo sa decidere da sè.
Sicura di essere abbastanza grande per provare a cimentarsi in tutte le attività nelle quali il babbo e la mamma mettono le mani, per regalare le sue perle di vivace e generoso contributo alla sua famiglia che è il suo ventre, la sua casa. E poco importa se aziona il pulsante della planetaria prima che il papà abbia sistemato il coperchio.
Lo spettacolo del mascarpone che un sabato pomeriggio decolla, trascinandosi dietro una scia di uovo e caffè, per atterrare sul girello di Athena Giada, a parere mio contiene più suspence di tutti quei filmetti gialli che ci spacciano in TV all'ora di cena.
Irruente, passionale, con quegli occhi un po’ cerbiatto che tutti invaghiscono. Alla sua prima cotta per Mo’, il protagonista maschile della serie Mia and Me, che la fa correre da babbo e le fa dire “Papà, è bello Mo’”. Tenerissimo il punto esclamativo con il quale termina la frase. Gli occhi le si illuminano e per una percettibile frazione di secondo si abbassano e si fanno timidi. La timidezza in lei è questo, un’ombra fugace che cede subito il posto alla sua bellissima, coloratissima essenza.
(f.to Sabrina)





LA DEA E LA SUA MAMMA

Se si parla di Dee in terra, Athena Giada per Sabrina è l'indiscussa, la prima e l'unica, il presente ed il futuro, la definitiva negazione della bruttezza, la conferma assoluta della bellezza, il numero primo e l'infinito, l'infinito più uno dell'immensità, l'assoluto del fascino.
Si perde nei suoi sorrisi e nel cangiante dei suoi occhi. Dal verde acqua all'azzurro cielo, dal marrone con striature dorate al grigio Diabolik, dal verde oliva al blu notte.
Le emozioni ed il tempo atmosferico si mescolano nei suoi occhi lievitando il complice sorriso di Sabrina.
Un labirinto di emozioni che cambiano ad ogni svolta, ad ogni sorpresa che le regala ogni suo nuovo passo, ad ogni cosa afferrata o gettata, ad ogni nuovo pianto, ad ogni vizio che Sabrina regala alla sua Dea.
Sabrina, la regina del vizio, delle pessime abitudini di tutto quello che per la sua Dea è la cosa giusta. I giusti ritmi, il giusto momento, il tempo esatto delle cose, per la sua “dolce ossessione”, per il “frutto proibito”, quella forma sensuale che solo una madre può abbracciare.
Tutto deve essere una perfetta simbiosi di scelte mai celate nella luce della prima opzione.
La scelta del look di Athena Giada è importante, anche se rimane nascosto dentro il piumone che la copre dalla testa ai piedi e che solo Sabrina vedrà l'attimo prima, e quello dopo averla vestita.
La preparazione del pasto, del brodino di verdure fresche selezionate, della nuova combinazione di sofisticate e personali scelte dei sapori, dosati col “bilancino” della voluttuosità del gusto perché è lei, Sabrina la prima che assaggia, che screma, che si abbandona alla certezza di quello che la Dea avrà il piacere di assaggiare.
Le novità, quelle che a volte sanno di ovvio, quelle legate al suo scivolare lesta per casa, al suo afferrare alla stregua di una borseggiatrice il pezzo di carta che era lontano, là sul tavolo, il filo del carica batteria, il pupazzo preferito di sua sorella.
Tutto quello che non si vorrebbe che mai lei toccasse, la Dea lo raggiunge e, veloce come il pensiero del “ora sto attenta che non lo prenda”, lo fa suo e lo nasconde in bocca, e lo assapora, lo gusta, lo morde per il godimento e per il sollievo che i nuovi attrezzi del piacere, i suoi dentini in arrivo possono avere.
Sabrina la guarda, la vede piccola e la protegge dall'irruenza della sorellina, la grande che corre e salta e la schiva sempre per un nulla ma che, a volte, quel nulla non c'è, e quello che rimane sono grida di dolore inaspettato e di paura strozzata.
Se si parla di Dee in terra Sabrina ha la certezza di esserne la Madre. Di amarle entrambe, allo stesso e sviscerato modo.
Ne ha generate due. Due copie di lei, della sua passionalità, della sua curiosità straripante, spandendo in ognuna delle sue copie, quantità in eccesso dei suoi pregi e, la vedo dura per Sabrina, rivedersi all'ennesima potenza.
Se si parla di Dee in terra... io ne ho tre!
(f.to Luca)



***************************


Una delle focacce più buone in assoluto. Semplicemente perfetta.





FOCACCIA CON LE OLIVE






Ingredienti:




600 g di farina (noi abbiamo usato la 00)

25 g di lievito madre essiccato
1/2 cucchiaino di zucchero
450 ml di acqua tiepida
1 cucchiaino e mezzo di sale fino
6 cucchiai di olio extravergine d'oliva
una manciata di olive verdi denocciolate (abbiamo usato le olive in salamoia, dopo averle ben sgocciolate)


Consigliamo l'utilizzo di lievito madre essiccato e non di lievito fresco di birra per la preparazione di questa focaccia. Per prima cosa sciogliamo il lievito nell'acqua tiepida, aggiungendo lo zucchero.
Nella planetaria versiamo la farina, il sale, l'olio, infine il lievito sciolto nell'acqua e l'acqua. Impastiamo usando il gancio. Ovviamente si può impastare anche con le mani.
L'impasto deve essere soffice, grosso modo come l'impasto della pizza.
Lo lasciamo riposare 24 ore in frigorifero, coprendo la ciotola che lo contiene, con della pellicola trasparente.
Il giorno dopo  foderiamo una teglia con della carta da forno e vi andiamo a stendere l'impasto, non prima di avere aggiunto le olive. Per finire, spennelliamo la superficie della nostra focaccia con una miscela di acqua, olio extravergine d'oliva e sale fino.
La lasciamo riposare un'ora abbondante nel forno spento.
A questo punto la inforniamo nel forno caldo a 220C per 25 minuti. La superficie assumerà un colore piacevolmente dorato.
Buonissima. La rifaremo presto perchè anche Alice Ginevra se ne è innamorata.




Viewing all 100 articles
Browse latest View live